foto Roberto Manderioli
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Che dire? Anzi cosa c’è da dire, quali commenti mediamente intelligenti ci sono da fare su questa partita, questo campionato, questa società? Al momento non me ne vengono tanti. Oltre il ponte (cit.) io e il sindaco del Batiguàza simpatizziamo con un ragazzo pugliese da poco trasferitosi nella terra delle nebbie per lavoro, che ci chiede indicazioni per lo stadio. Dice: dai che ti accompagniamo noi, tanto è di strada il tuo biglietto è per la grada lato Ovest, mentre noi siamo più a Ovest. Una sola raccomandazione ragazzo, cerca di portare bene.

L’orario del lunch match è alla mezza, solo un maledetto genio del male può immaginare una partita a mezzogiorno della domenica in serie C, uno scienziato nucleare di ignoranza, una testa dotata del capire di un coleottero, oltre i suoi occhi… il nulla. Ma andiamo di lungo se no poi vado in tachicardia. I saluti e gli abbracci di rito e poi, non si sa come l’afflusso al tempio è più che dignitoso, siamo già ritornati ai tempi in cui i non adepti, che magari una capatina ai tempi della serie A se la sono pure fatta, ci dicono: “Ma ancora vai alla S.P.A.L.? Ma quest’anno in che serie gioca? In serie Z?”. Ecco, alzi la mano chi non ha uno stuolo di amici e/o conoscenti che non si cimentano con questa simpaticissima proto-battuta, degna di esseri senza pollici opponibili. Noi alla S.P.A.L. ci andiamo perché siamo la S.P.A.L., perché quella è la nostra squadra, la nostra storia, una parte importante della nostra vita, è il racconto di una comunità che ha perso la voce, ha perso la verginità, ha perso l’innocenza, su quei gradoni. E voi che guardate la supercoppa italiana giocarsi nel deserto non potete capire.

E comunque il primo tempo è stato entusiasmante come una visita proctologica, una terza serie dove molti dei ragazzi che giocavano con me nelle giovanili avrebbero potuto fare la loro porca figura. Ho visto giovani in pantaloncini corti scappare dal pallone cose se si stesse giocando a palla avvelenata. Ho visto un ragazzo dei nostri provare un lancio in orizzontale (!) verso un compagno contornato da cinque giocatori avversari, una roba che il miglior Maradona non sarebbe riuscito a fare. Una sequela di titic-titoc, che hanno causato orchiti fulminanti ai meno giovani. Rispettiamo chi ci rispetta e i perugini hanno dimostrato di conoscere la mentalità e lo spirito che aleggia dalle nostre parti. Bravi complimenti a loro. L’arbitro invece completamente adeguato alla categoria e alla partita, un signor direttore in grado di farci capire quanto siano importati i cartellini nel balletto classico. Complimenti a lui.

Poi è pur vero che noi non brilliamo in scaltrezza e intelligenza, che giocatori d’esperienza dovrebbero sapere quando temporeggiare e quando entrare, dovrebbero essere consci che una squadra fragile come il cristallo come la nostra non può essere lasciata in dieci una partita sì e una no. Ma questo è quanto abbiamo e questo ci tocca. Poi, nel secondo tempo, un vecchio lupo solitario che spicca nella mediocrità generale, insegna come basta toccare un pallone di precisione, col piatto, nell’angolo lontano per fare esplodere il catino del Mazza. Ci ricorda i fasti ancora troppo vicini di un trascorso in cui sognavamo di non doverla più giocare, la serie C.

Cosa c’è da aspettarsi per il futuro? Io spero in una rivoluzione, o anche un’involuzione dove tutto cambi, dove tutto sia diverso, dove non mi debba più sentire frastornato, dove noi possiamo ritornare a guardare gli avversari col petto in fuori, senza paura. Dove la collettività biancazzurra sia rappresentata da una società che ne conosca la storia, ne ricerchi i fasti e sia consapevole del patrimonio umano e valoriale che rappresenta. Centoventi e passa anni di passione e amore che non possono essere gettati nel pozzo dell’oblio. Perché poi la storia della pressione ha abbondantemente seccato la pianta: ogni lavoro ci mette di fronte a delle responsabilità, delle apprensioni, delle ansie, dei fallimenti e dei lunghi momenti di sconforto. Ma un conto è farlo con una tuta da metalmeccanico addosso, un altro è farlo con addosso la maglia più bella del mondo. Forza vecchio cuore biancazzurro.

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