Confusa e imbarazzante: questa è stata la prestazione della SPAL che esce sconfitta nel derby contro il Carpi per 1-0 e viene nuovamente risucchiata dalla bagarre della zona playout vista la vittoria della Lucchese contro l’Ascoli.
Dossena sorprende nelle scelte iniziali, schierando in campo i suoi con il 4-3-3 con Galeotti in porta, linea difensiva con Calapai e Mignanelli sulle corsie esterne e Nador ed Arena centrali, in mezzo al campo viene schierato Awua con Zammarini sulla destra e Haoudi sulla sinistra, in attacco D’Orazio viene riproposto largo sulla destra, con Rao sulla corsia opposta ed Antenucci centravanti.
La fase di non possesso è stata fin da subito inefficace: contro una squadra che, per stessa ammissione di Dossena, avrebbe cercato prevalentemente sviluppi di gioco passando dalla zona centrale del campo, il centrocampo è stato costantemente in sofferenza. Awua ha avuto difficoltà nella fase di interdizione, così come Zammarini e Haoudi, e la prima pressione della linea offensiva non è mai riuscita a creare difficoltà alla costruzione del Carpi o rendersi particolarmente utile al recupero del pallone. Con un ricorso limitato alle corsie esterne da parte degli avversari, a Calapai e Mignanelli è stato richiesto un lavoro prevalentemente di posizione, fatto di uscite in pressione e scorrimenti laterali. Arena e Nador hanno lavorato sull’anticipo delle punte avversarie, ma le ammonizioni che entrambi hanno ricevuto nei primi 15 minuti di gioco hanno di fatto limitato il loro lavoro sull’anticipo privilegiando la posizione.
In fase di possesso la manovra è stata ingolfata, lenta e slegata. Il centrocampo non è mai riuscito a garantire un palleggio adeguatamente fluido e veloce da poter creare delle situazioni di superiorità numerica. Awua si conferma in grande difficoltà quando deve impostare, diventando impreciso nella trasmissione. Haoudi ha mostrato trame più interessanti, ma se non strappa verso l’area avversaria la costruzione risulta lenta a causa degli eccessivi tocchi di palla che lasciano tempo alla squadra avversaria di riposizionarsi. Zammarini è stato impalpabile, presente in zona offensiva, ma mai in posizione buona per essere servito dai compagni. Le corsie esterne, se si escludono un paio di discese a testa per Calapai e Mignanelli, non sono state incisive, così come gli esterni d’attacco, con Rao costantemente raddoppiato e D’Orazio che è chiaramente in difficoltà in quella posizione di campo. Dopo l’inferiorità numerica la SPAL ha lasciato l’impostazione al pacchetto difensivo e in quella fase si sono visti lanci lunghi e imprecisi, oppure dei giro-palla fini a se stessi. Dopo un primo tempo negativo per approccio e combattività, inspiegabilmente la SPAL ha ricominciato il secondo tempo con gli stessi undici visti nella prima frazione di gioco, con risultati pressoché identici e lunghe fasi in cui il pallone è stato tra i piedi dei biancazzurri che non sono riusciti a rendersi pericolosi fino all’occasione di Spini praticamente a fine gara.
Cosa ha funzionato? Praticamente niente. Secondo quanto dichiarato da Dossena nella conferenza stampa pre-gara, la partita contro il Carpi era stata preparata bene, ma la SPAL vista al Cabassi è stata una delle peggiori della stagione.
Cosa non ha funzionato? Le scelte di Dossena sembrano confuse e di certo non stanno pagando. Nador (scelto come sostituto dello squalificato Bassoli) gioca costantemente sulla sottile linea che divide il grande anticipo dall’entrataccia in ritardo anche a Carpi dopo 15 minuti era già arrivato il cartellino). Awua non è un regista: schierarlo per il solo compito di interdizione è poco sensato, anche perché la posizione centrale è uno sfogo semplice per i compagni in fase di impostazione e toccare così tanti palloni fa emergere i limiti del nigeriano. Haoudi è un giocatore di buona qualità e con strappi interessanti, ma dopo mezz’ora è sembrato giocare da fermo. D’Orazio è stato apprezzato sulla linea mediana, mentre fatica tremendamente da esterno alto a destra, e questo trend è stato confermato anche a Carpi. Per mesi si è parlato della mancanza dell’attaccante esterno destro di piede mancino, e quando questo arriva (Spini) entra in campo solo per l’ultima mezz’ora: incomprensibile, considerando che il ragazzo era allenato e che la proposta offensiva della SPAL non è sembrata così complessa da precludergli l’impiego dal primo minuto (magari lasciando D’Orazio sulla mediana). Infine, è davvero la scelta adeguata quella di affrontare avversari alla portata in scontri diretti con il primo pensiero di non prenderle, piuttosto che cercare soluzioni che possano portare a dominare l’avversario, alla vittoria, e magari ad una maggiore autostima?
Inutile nascondersi, la SPAL è in regressione. In particolare, nelle ultime due gare, nonostante le tre punte, la squadra è un motorino mono-marcia, incapace di un cambio di passo, incapace di rendersi pericolosa in maniera sufficiente da garantirsi i tre punti, senza equilibrio a centrocampo e mancante di un regista (che deve essere una priorità sul mercato al pari della punta). Da ormai 24 giornate viene evidenziata una carenza caratteriale e la necessità di dover fare di più per migliorare la posizione in classifica: tutto corretto, ma a quando i primi riscontri?
Le partite contro Sestri Levante e Carpi erano l’occasione ideale per ottenere punti e svoltare finalmente questa stagione travagliata, ma la SPAL si ritrova con un misero bottino di un solo punto, ottenuto peraltro soffrendo contro un Sestri Levante tutt’altro che brillante. È giunto il momento di passare dalle parole ai fatti, di smetterla di nascondersi dietro gli alibi ed assumersi le proprie responsabilità.
La SPAL tornerà in campo sabato 1 febbraio, in casa, contro il Milan Futuro. I rossoneri sono una squadra molto pericolosa, rafforzata con gli innesti di Camporese, Magrassi, Quirini e Ianesi. Dossena dovrà fare a meno di Mignanelli (espulso per doppia ammonizione) e Haoudi (per impeti di nervosismo a fine partita): a prescindere dagli assenti, il gruppo (giocatori e staff tecnico) deve cercare una scossa, una chiave di volta per dare un senso a un’altra stagione finora amarissima.
— Andrea Coletta, 41 anni, è allenatore UEFA B dal 2013 e negli ultimi anni ha lavorato come direttore tecnico in ambito dilettantistico.