foto Filippo Rubin
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Per quelli che son sempre stati qui, per quelli che hanno visto la serie D…” ecco, con tutta probabilità loro avranno la possibilità di vederla di nuovo, mentre quelli più giovani che non l’hanno vista potranno gustarsi questa novità. Che culo eh? Ecco, questo pensavo mentre attendevo questo merdosissimo lunedì, che mi ha visto parcheggiare prima delle 7.30 nel piazzale della portineria Ovest. Il parcheggio nel solito spazio, lontano dall’ingresso, l’avvicinamento al tornello, lo scolorito badge che apre le porte del fabbricone. Il percorso sul perimetro dentro le catenelle biancorosse (come il Rimini), mentre duecento furgoni mi sfiorano per trasportare altri che come me iniziano a lavorare. Nuova marcatura con la monetina marcatempo in cantiere e poi nel mio box ufficio, nel mezzo di un turbine di bestemmie in lingua emiliana, del nord-est e pure rumena. Ecco, questo è il lunedì, il lunedì post massacro, come oramai ci capita sempre più di frequente in questi anni bui, ma talmente bui che il Medioevo ci pare il Rinascimento.

Fallimento totale, assoluto e ineluttabile fallimento di un progetto mai nato, di un sogno mai sfiorato, bugie in risposta a domande stupide, che stupide però non erano. Fossi uno scrittore direi di avere il blocco dello scrittore, ma per sfortuna e incapacità non lo sono e quindi ho solo il blocco. Come si può scrivere di debacle come queste? Siamo stati presi a piadinate in faccia, ci è rimasta la rucola tra i denti e lo squacquerone nelle mutande. La SPAL di oggi è una squadra che ti fa esaurire le bestemmie e dietro ha una società per cui andrebbero coniate nuove offese, perché nel Devoto-Oli non ci sono parole sufficienti. Un periodo storico che pare non finire mai. Siamo vituperati a ogni partita, siamo sviliti nella nostra passione. A che serve avere uno stadio così? A che serve avere un centro sportivo come il GB Fabbri? Un settore giovanile maschile e femminile che ancora rimane a galla e destinato a scomparire in caso di retrocessione nell’inferno della quarta serie? Cosa altro si può dire di questa proprietà? Cosa si può dire degli staff tecnici e dirigenziali? Cosa dire dei giocatori?

Piccolo intermezzo pubblicitario: lo sapevi che nel 2024 Cristiano Mazzoni ha pubblicato una raccolta dei suoi scritti? Si chiama “Vista dalla curva: memorie di uno spallopatico, 2016-2019” e raccoglie una selezione, piena di fotografie, che abbraccia il triennio d’oro biancazzurro che oggi sembra assai lontano. Sergio Floccari ne ha scritto la prefazione e anche Luca Mora e Leonardo Semplici l’hanno particolarmente apprezzato. Lo si può ordinare online e ritirare, oppure riceverlo comodamente a casa.

Di una cosa sono d’accordo col mister: non è possibile allenare difensori che con centinaia di partite tra i professionisti non sanno marcare un attaccante. Poco prima della partita mi è arrivata sul telefono una bellissima foto della squadra giovanile del Porta Mare dei profondi anni Ottanta. Eravamo, come da copione, disposti su due file, gli alti dietro e i più bassi davanti, i due portieri sui due lati opposti, con la braccia incrociate, mister Rolando piazzato sul lato destro. Ecco, in quei frangenti eravamo dei giocatori e per sempre lo siamo rimasti. Quindici, sedici anni, una squadra in cui tra più forti e meno forti ognuno sapeva qual era il suo ruolo, qual era la puleggia, il pignone, la corona, che faceva ruotare i meccanismi provati negli allenamenti. Noi difensori già da anni sapevamo quale era la nostra posizione per marcare un avversario e non c’entra un cazzo se giocassimo a zona. Durante i calci da fermo ci si appiccica all’avversario. Ovvio, quando la palla parte occorre pure anticiparlo, se non no il giochetto non funziona.

Ne sono certo, se il mister mi desse una maglia saprei ancora esattamente come piazzarmi. Poi è ovvio che i miei 55 anni si farebbero sentire. Ma la posizione, l’istinto e la cattiveria quelle ce l’avrei ancora. Mentre giocatori professionisti pare si perdano in un bicchiere d’acqua. Dici un problema psicologico? Ma scusa, chi lavora alla Berco come entra in fabbrica alla mattina sapendo che fra poche settimane ci saranno centinaia di esuberi cosa dovrebbe fare? Lo so che sono discorsi da Bar, sono pensieri semplici, ma ve l’ho detto sono mesi che non riesco a commentare l’attualità, non solo quella riferita alla mia squadra.

Non so come finirà questo campionato, ma non vedo l’ora che finisca, che cambi tutto, che succeda quello che deve succedere, perché non ci meritiamo quello che ci capita a ogni partita. Squadre dai colori diversi vengono nel nostro stadio e ci prendono a pallonate, come quando da piccoli mettevamo in porta il più scarso e lo tempestavamo di tiri, fino a quando con gli occhi lucidi il malcapitato chiedeva il cambio. Siamo diventati terra di conquista per chiunque indossi un paio di pantaloncini corti e una maglia numerata. No ragazzi miei, non ci meritiamo questa schifezza. Forza vecchio cuore biancazzurro.



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