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La stagione 2023/2024 non passerà senz’altro alla storia come una delle più memorabili della storia recente biancazzurra, malgrado si sia chiusa in crescendo. Il terzo campionato della gestione statunitense è stato inevitabilmente segnato dall’ennesimo avvicendamento in panchina, ma a pesare sul percorso hanno contribuito anche scelte azzardate e infortuni a raffica.

Come ogni anno, in corrispondenza del “rompete le righe” (avvenuto giovedì 16 maggio), mandiamo definitivamente in archivio l’annata col tradizionale pagellone.

foto Filippo Rubin

PIÙ CHE BUONI: Valentini 7, Dalmonte 7

Valentini: a settembre la carta d’identità dirà 36, ma nel complesso il centrale argentino è stato forse il migliore della squadra, complice anche un impiego continuo sia per minuti sia per qualità delle prestazioni a prescindere dall’allenatore. Il vistoso miglioramento della SPAL da febbraio in poi nella fase difensiva passa senz’altro dalla solidità e dalla leadership di Valentini. A completare una stagione positiva ci sono anche quattro gol, record personale in carriera: è in scadenza di contratto, ma verosimilmente si parlerà presto di rinnovo.

Dalmonte: nonostante un infortunio che lo ha tenuto fuori per quasi tutta la gestione Colucci non c’è dubbio che Dalmonte sia stato uno degli elementi più determinanti della stagione biancazzurra, soprattutto da febbraio in poi. Si era fatto male contro la Fermana proprio nel momento in cui iniziava ad entrare in condizione per far vedere di cosa era capace. Rientrato durante la serie di sconfitte che hanno sancito l’esonero dell’allenatore pugliese, Dalmonte si è ritrovato a fare le fortune di Di Carlo che gli ha affidato il ruolo di primissimo piano ipotizzato fin dal principio. 5 gol e 3 assist in 22 partite sono un raccolto buono, ma che poteva essere più generoso senza quel buco di oltre tre mesi. La doppietta di Olbia, unita alla prestazione, vale da sola come biglietto da visita per un riscatto che dev’essere esercitato se la SPAL vuole lottare per il ritorno in serie B.

BUONI: Galeotti 6,5; Bassoli 6,5; Peda 6,5; Ghiringhelli 6,5; Antenucci 6,5; Zilli 6,5

foto Filippo Rubin

Galeotti: tornato a metà stagione dopo un girone d’andata in cui la SPAL ha avuto gli incubi tra i pali, è stato buttato nella mischia anche a furor di popolo. Da ferrarese all’esordio in prima squadra ha saputo reggere la pressione: in una bilancia tra qualche amnesia e interventi decisivi, questi ultimi hanno indubbiamente la meglio (le parate decisive su Spagnoli nel secondo tempo di Ancona a esempio). Può migliorare ancora tanto perché più di un brivido l’ha fatto correre, ma un po’ per fortuna e un po’ per abilità non è mai naufragato e oggi la SPAL ha un prodotto del settore giovanile come potenziale asset su cui costruire il futuro.

Bassoli: il campione di partite sul quale valutarlo è ristretto, eppure è uno dei pochi che ha reso sufficientemente anche durante la gestione-Colucci. Tra novembre (quando è arrivato dagli svincolati) e febbraio dodici presenze tutte da titolare e una solidità che era mancata alla SPAL prima del suo arrivo. L’infortunio lo ha tenuto fuori praticamente fino a fine stagione e il suo apporto è venuto a mancare nella fase cruciale, ma senza di lui difficilmente la squadra sarebbe riuscita a non affondare nel buio inverno che si è trovata ad affrontare. Anche un gol, in coincidenza della sua unica vittoria con la maglia della SPAL (SPAL-Olbia 2-0 del 23 dicembre): il rinnovo di contratto è arrivato due giorni dopo il termine del campionato e il nuovo accordo scadrà nel 2025.

Peda: in estate era stato ceduto al Palermo che lo aveva poi lasciato in prestito alla SPAL. Già in serie B aveva fatto intravedere buone cose, guadagnandosi anche il posto da titolare, soprattutto con De Rossi. Un anno al piano inferiore gli ha fatto bene: nonostante una stagione a intermittenza tra acciacchi, squalifiche e impegni con la nazionale, il polacco si è dimostrato centrale di sicuro affidamento, ruvido quando necessario, sempre puntuale nel duello corpo a corpo e pericoloso nelle aree avversarie. I margini di miglioramento ci sono tutti, ma la stagione è stata senz’altro positiva: sarà interessante vederlo all’opera in un contesto diverso, ma anche un po’ triste visto che si tratta di un altro ragazzo cresciuto nel vivaio.

Ghiringhelli: era arrivato a gennaio per tamponare una zona del campo che faceva acqua. Elemento diligente e affidabile, quasi mai sotto la sufficienza e senza gli errori clamorosi che in altre circostanze avevano fatto assai preoccupare. Il suo ritorno a Ferrara dodici anni dopo è stato senza dubbio uno degli elementi che ha permesso alla SPAL di ripartire dopo aver toccato il fondo grazie a un contributo di duttilità e sostanza. Solido in fase difensiva e sempre presente nel sostegno offensivo, come con l’assist per la rete dell’1-0 di Siligardi all’ultima giornata. Il prezzo del suo riscatto non è bassissimo e non è detto che possa rimanere. Ma SPAL e Sudtirol vorranno senz’altro sedersi al tavolo per ragionare.

Antenucci: stagione strana la sua. Tornato per essere il capitano e soprattutto il volto della SPAL che voleva riscattarsi, è rimasto vittima in parte di un equivoco tecnico-tattico e in parte della situazione critica che si è creata attorno a lui a causa degli infortuni nel reparto avanzato. Partenza da romanzo, col gol decisivo alla Vis Pesaro sotto la Ovest, poi un lungo periodo di difficoltà passato a tirare la carretta per dare l’esempio e cercare di evitare un lento affondamento, pur con tutti i limiti che la carta di identità gli imponeva. Il mercato di gennaio e il ritorno di Di Carlo gli hanno permesso di mettere il suo talento nelle condizioni di rendere adeguatamente e i tre gol del girone di ritorno – tra cui quello decisivo alla Recanatese – hanno dimostrato che c’è ancora della benzina nel serbatoio. Gli rimane un anno di contratto.

Zilli: ok, per le prime dieci partite non ha segnato. Ma fare gol non è l’unico compito di un attaccante e il gigante friulano ha dimostrato di sapersi mettere al servizio dei compagni. Con lui ci si è messa di mezzo anche la sfortuna, perché tra acciacchi e malanni non è mai riuscito a essere a disposizione con la giusta continuità. Ma la sua crescita nelle prestazioni s’è vista e una volta arrivato il primo centro la sua fiducia è aumentata notevolmente, portandolo a esibirsi in giocate decisamente apprezzabili e ad altri gol pesanti. Confermarlo per la prossima stagione sarebbe un gran bel colpo.

foto Filippo Rubin

SUFFICIENTI: Fiordaliso 6; Bertini 6; Buchel 6; Carraro 6; Nador 6; Siligardi 6; Rao 6; Petrovic 6

Fiordaliso: prima parte di stagione con lacune ed errori a cui già ci aveva abituati lo scorso anno. Il riscatto è arrivato in corrispondenza dell’emergenza nel reparto difensivo, quando è stato adattato da centrale. Insieme a Valentini ha composto la coppia di centrali del finale di campionato in cui la SPAL ha concesso poco o nulla. Anche per lui, come per tanti altri, la sufficienza è pienamente conquistata da gennaio in poi. L’assist per Zilli contro il Pineto è emblema della rinascita (soprattutto in termini di fiducia) di un giocatore ritrovato, su cui la SPAL può contare anche nel prossimo campionato, cosa che sembrava difficile da pronosticare fino agli ultimi mesi del 2023.

Bertini: altro giocatore visto per un solo girone. Il suo ruolo doveva essere quello di alternativa a Carraro, ma le perplessità sull’ex Atalanta hanno presto fatto salire le sue quotazioni. Superando le aspettative se l’è cavata più che bene, con ordinaria amministrazione e qualche sprazzo di qualità tecnica. Va ringraziato per due gol pesantissimi che hanno consegnato sei punti quasi insperati alla SPAL nel girone di andata: lo 0-1 allo scadere contro la Juve Next Gen e la punizione (molto bella) per l’1-0 casalingo contro il Sestri Levante. Sarebbe stato buona alternativa con il ritorno di Di Carlo, che lo ha avuto a disposizione però solo nel finale dopo l’operazione al malleolo.

Buchel: qualità da categoria superiore, ma questo si sapeva. Da quando è arrivato la SPAL ha cambiato volto al centrocampo soprattutto grazie alla sua personalità. Ha iniziato a giocare da titolare in una forma piuttosto approssimativa, ma nonostante questo è comunque riuscito ad imporre il suo gioco sfruttando una tecnica sopra la media e una fisicità prorompente in una categoria che fa dell’intensità la sua peculiarità principale. Paga un po’ qualche noia fisica e un leggero calo nella fase cruciale di aprile in cui non è riuscito a mantenere alta l’asticella della continuità di rendimento, ma messo nelle condizioni ideali può essere elemento chiave della prossima SPAL così come lo è stato nei suoi primi sei mesi a Ferrara. E pensare che poteva arrivare con un anno di anticipo.

Carraro: uno di quelli che più di tutti ha completamente svoltato la stagione nel post Lucchese-SPAL, col ritorno di Mimmo Di Carlo in panchina. Una bella mano gliel’ha data anche Buchel, che gli ha consentito di sgravarsi di un po’ della pressione che si ritrovava addosso. Perché la prima parte era sembrata una specie di Zanellato-bis, col gol sbagliato sotto la Ovest in SPAL-Fermana a fare da manifesto. La serie di prestazioni di alto livello prima dell’infortunio che ha troncato la sua stagione ha rimesso le cose a posto e la speranza è che quella sia la versione abituale del giocatore. Sufficienza d’incoraggiamento per uno che non si è perso d’animo nonostante i fischi pesantissimi ricevuti nella prima parte.

Nador: altro rientro a gennaio, anche se forse è più opportuno parlare di restituzione da parte dell’Ancona. Qui ha mostrato di poter essere utile, a differenza di quanto accaduto nell’esperienza marchigiana. L’esordio dirompente contro la Carrarese e l’infortunio di Carraro gli hanno aperto le porte per un posto da titolare mai più scalfito. Sorpresa sicuramente positiva da cui poter ripartire con fiducia in un ruolo di alternativa.

Siligardi: che un giocatore della sua età potesse garantire una stagione da titolare nel 433 iniziale pareva prospettiva azzardata anche al migliore degli ottimisti. Tre assist nelle prime quattro partite, poi il suo infortunio (frattura del perone) è coinciso con l’inizio della discesa della SPAL. Antenucci si è ritrovato senza il principale rifornimento di palloni da convertire in rete e in rosa non c’era un altro elemento dotato della sua creatività. Quando è tornato, seppure a mezzo servizio, ha dispensato momenti di qualità da categoria superiore: illuminante la palla che ha propiziato l’1-2 in casa del Sestri Levante, forse la sua migliore giocata della stagione insieme all’intera prestazione di Olbia con il gol e l’assist per il secondo gol di Dalmonte. Vale il discorso di Bassoli: con un campione di partite più ampio la sua valutazione non sarebbe stata questa.

Rao: il più giovane della truppa. Classe 2006, ha bruciato le tappe di tutte le selezioni giovanili giocando in Primavera con ragazzi di due se non tre anni più anziani di lui facendo spesso la differenza. Ecco perché Rao era un altro di quelli da cui ci si aspettava tanto, forse troppo. Nella sua stagione però ci sono tutti i motivi per cui la SPAL deve continuare a puntare su di lui e quelli per cui bisogna andarci cauti con i ragazzi giovani: il gol contro la Lucchese nello spezzone di recupero dopo l’interruzione sull’1-2 mette in mostra doti balistiche non comuni, come la grande facilità di saltare l’uomo, accentrarsi e calciare a giro sul secondo palo. L’emblema della sua stagione è stata poi la trasferta di Sassari: prima l’assist per Collodel dopo una bella discesa sulla destra, poi l’altra faccia della medaglia con un doppio giallo per due falli ingenui nel giro di tre minuti. Ha compiuto 18 anni il 28 marzo, si è adattato a giocare come esterno destro di un centrocampo a quattro dopo aver fatto quasi sempre solo l’ala sinistra nel tridente: ha grandi qualità e lo ha dimostrato, conviene aspettarlo perché può fare grandi cose.

Petrovic: a campionato concluso il peso specifico dei suoi gol contro Sestri Levante (doppietta) e Virtus Entella (gol dell’1-2) si è rivelato fondamentale. La differenza tra lui e Zilli è univoca: le aspettative. Da Zilli non ci si aspettava che trascinasse la squadra a suon di gol e il suo apporto al gioco è stato positivo anche quando non è riuscito ad andare in rete. Petrovic arrivava invece da un girone d’andata con sette gol in saccoccia a Trento, motivo per cui il nuovo numero dieci biancazzurro si portava dietro aspettative ben più corpose. Il suo apporto è stato importante ma nel ragionare di una sua conferma (costosetta) c’è sicuramente da considerare il coinvolgimento nel gioco anche in mancanza di gol, considerando che difficilmente si è visto un Petrovic trascinatore tecnico della squadra in momenti di bisogno.

 

APPENA SOTTO LA SUFFICIENZA: Alfonso 5,5; Bruscagin 5,5; Tripaldelli 5,5; Contiliano 5,5; Maistro 5,5

Alfonso: partito per fare da comprimario con Del Favero titolare, le amnesie del collega lo hanno presto riportato sui binari della titolarità almeno fino al rientro di Galeotti. Siamo ormai abituati a conoscerlo: portiere mediamente affidabile che ogni tanto finisce sul banco degli imputati (soprattutto quando si parla di uscite) e che viene guardato un po’ di traverso da parte della tifoseria. Si riaccomoda in panchina quando Galeotti spodesta tutti.

Bruscagin: in super sintesi meglio da centrale che da terzino. La gamba purtroppo non è più quella di un tempo e per quanto abbia provato a sopperire d’esperienza spesso sono arrivate delle brutte figure. Da febbraio la storia è cambiata anche per lui, più concreto e attento, sia nelle occasioni in cui è stato schierato a destra sia in quelle eventualità in cui si è dovuto adattare al centro della difesa. Non di certo un difensore imprescindibile, ma perlomeno un interprete da categoria per quanto visto nel Di Carlo bis, fino alla sfortunata diagnosi che gli ha fatto chiudere anticipatamente la stagione.

Tripaldelli: in serie B non era mai riuscito a convincere, anche per colpa di una continua alternanza con Celia che toglieva spazio e continuità ad entrambi. La stagione è cominciata con la stessa situazione a cui si era aggiunto pure Saiani, da tempo giovane prodotto del vivaio che chiedeva spazio. Nonostante la concorrenza è stato quasi sempre il titolare, poi la partenza di Celia e i continui problemi fisici di Saiani ne hanno aumentato le occasioni. Ne consegue un altro campionato inferiore alle potenzialità fatte intravede. Come Fiordaliso, seppur non a quei livelli di affidabilità, anche lui è andato in crescendo nel finale. Il gol contro il Rimini in cui parte da metà campo e segna dal limite è da vedere e rivedere.

Contiliano: nei piani della società doveva essere uno dei pilastri post-retrocessione e la tifoseria era ben felice di assecondare questa aspettativa. Un infortunio ad agosto ha modificato la sua traiettoria e questo lo ha fatto scivolare nelle retrovie con mister Di Carlo. La sfortuna è stato il tratto distintivo della sua annata, perché quando era riuscito a entrare tra i titolari (con Colucci) sono insorti problemi di salute che l’hanno mandato KO per un mese, facendogli perdere il ritmo. Il ritorno in panchina di Di Carlo lo ha relegato di nuovo ad alternativa, con Nador che a sorpresa l’ha sorpassato nelle gerarchie garantendo maggior impatto fisico nel 442. Lo stesso Di Carlo ne ha però sempre sottolineato l’importanza caratteriale e tecnica nonostante sembrasse non considerarlo una prima scelta. Contiliano ha le potenzialità per rimanere elemento importante di questa SPAL nonostante una stagione storta.

Maistro: a referto vanno 3 gol e 7 assist e questi lo salvano da un 5 in pagella che sarebbe stato inevitabile. Ad agosto raccontavano della sua voglia di rivalsa dopo l’amara retrocessione, ma di fatto ha spesso rappresentato un equivoco tattico e un leader mancato, almeno a livello tecnico. Quando ci si aspettava da lui la prestazione della consacrazione è puntualmente arrivata una delusione. L’annata di Maistro non è da buttare al 100%, ma ancora una volta ci troviamo davanti a un campionato da incompiuto, sicuramente peggiore di quello precedente, con la perenne sensazione di assistere a una fioritura mancata.

INSUFFICIENTI: Celia 5; Collodel 5; Orfei 5; Edera 5; Rosafio 5

Celia: vedi Tripaldelli. Due anni altalenanti, con tantissimi errori difensivi e la sensazione che prima o poi il gol la SPAL l’avrebbe subito dalla sua parte con un cross su cui si sarebbe fatto sorprendere. La storia non è cambiata e, per quanto arrivasse addirittura da una serie B con cinque gol segnati, anche in C le cose non sono andate in maniera memorabile. Partito dietro Tripaldelli, Di Carlo per qualche spezzone lo aveva pure provato come mezzala sinistra (con risultati non entusiasmanti). Cinque mesi insufficienti, un gol contro il Pescara, e un addio non di certo doloroso a gennaio per salire di categoria all’Ascoli (salvo poi scendere immediatamente).

Collodel: era arrivato come il centrocampista di corsa e quantità ideale per completare il reparto a tre insieme a una mezzala tecnica (Maistro) e un regista capace di impostare l’azione (Carraro). L’idea tattica è andata giù per le scale di cantina in men che non si dica, seppure Collodel abbia trovato sempre più spazio soprattutto con Colucci. Ma al di là di tanta buona volontà e grinta, non è rimasto granché se non un gol in tap-in a Sassari. Tanta, tantissima confusione, sia in non possesso sia con la palla tra i piedi. È pian piano sparito dai radar con il ritorno di Di Carlo, quando la SPAL ha cambiato marcia e il centrocampo è finito nelle mani di Buchel, Carraro e Nador.

Orfei: a inizio stagione bisognava decidere se tenere lui o Fiori, finito poi al Mantova. La maggiore esperienza e la struttura fisica hanno fatto pendere la lancetta nella sua direzione, peccato che le cose non siano andate proprio alla grande. Nel precampionato aveva destato buone impressioni per la sua velocità, ma poi sono emersi limiti tecnico-tattici che lo hanno fatto retrocedere nelle gerarchie. Di sicuro la piega presa dalla stagione non l’ha aiutato, ma si sperava potesse essere più di una comparsa. Colucci ha provato a ritagliargli uno spazio che fosse in attacco o sulla fascia, senza però mai essere ripagato da prestazioni sufficienti.

Edera: sì, è vero, i due assist contro l’Entella hanno fatto fare il passo decisivo verso la salvezza, ma il resto della partita è stato l’emblema di una stagione negativa. Si ripete il discorso fatto per Maistro: tanta qualità teorica, pochissima concretezza e la zavorra di una lunga inattività. Arrivato a dicembre per aiutare un reparto offensivo in difficoltà e per rimpiazzare il partente Rosafio, non è mai riuscito ad incidere: lo testimonia il fatto che sia partito con i ranghi da titolare sia con Colucci sia con Di Carlo. La non-prestazione di Pontedera di fatto gli ha chiuso le porte della titolarità, relegandolo a seconda scelta.

Rosafio: sulla carta alternativa a Siligardi, dopo la promozione in B di dodici mesi fa con la Reggiana. Due gol, molto simili, uno contro l’Ancona e uno in Coppa Italia Serie C contro il Sestri Levante. A onor del vero non ha ma avuto grande spazio per incidere, ma anche quando lo ha avuto non si è dimostrato all’altezza, risultando evanescente e talvolta fastidioso per la capacità di sparire quando c’era bisogno invece di salire in cattedra. Le qualità però le ha perché, passato al Messina a gennaio, ha raccolto due gol e quattro assist in sedici presenze, pur senza essere rimpianto più di tanto a Ferrara. Altro giocatore che forse, con una stagione più tranquilla, avrebbe potuto fare la sua parte.

PAT PAT, BRAVI LO STESSO: Del Favero 4.5, Rabbi 4.5

Del Favero: stagione sotto gli occhi (e il mirino) di tutti. Portiere scuola Juve arrivato per fare il titolare. E poi? SPAL-Perugia: uscita maldestra e 1-1 di Iannoni. Recanatese-SPAL: uscita a vuoto che regala l’1-0 alla Recanatese. SPAL-Pescara: incomprensibile errore su un tiro centrale che regala il gol dell’1-2 al Pescara al novantesimo. SPAL-Lucchese (campionato): uscita a vuoto per l’1-1 della Lucchese. SPAL-Lucchese (Coppa): respinta sbagliata che apparecchia il gol del vantaggio ospite ai supplementari. Comprensibilmente retrocesso in panchina da Colucci (lo aveva già fatto Di Carlo a Cesena), ha fatto il secondo ad Alfonso fino a gennaio quando, anche per l’infortunio dell’ex Cittadella, è stato rilanciato titolare a Perugia. Risultato? Dopo un primo tempo tutto sommato sufficiente, prima un’uscita sconsiderata in tandem con Carraro per poco fa la frittata, poi un altro errore su una palla alta regala un altro (l’ennesimo) gol agli avversari. Annata da incubo, per lui e per la SPAL. Si spera possa ritrovare tranquillità e fiducia.

Rabbi: nel precedente campionato a un certo punto era stato promosso titolare ai danni di La Mantia e Moncini (col senno di poi non una grande idea). Due gol: uno, bello e importante, a Bari, e uno a Parma da pochi centimetri a porta vuota. Quest’anno per lui come per altri sembrava poter esserci l’occasione del riscatto e della conferma in un campionato meno complicato in cui poter dimostrare il proprio valore. Stessi gol, due, ma niente di rilevante o strepitoso. A differenza dell’anno scorso sono arrivate troppe prestazioni insufficienti con almeno una mezza dozzina di gol clamorosi sbagliati che ne hanno intaccato la fiducia e sono finiti col renderlo indigesto a buona parte del pubblico.

NON GIUDICABILI: Meneghetti, Arena, Breit, Dumbravanu, Iglio, Saiani, Parravicini, Puletto, Angeletti, Deme, Sits