foto Filippo Rubin
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Non sorprenda che nel suo lavoro, quello di avvocato inserito nel sistema di giustizia americano, Joe Tacopina sia considerato un peso massimo e pure di grande successo. Perché lì – dove ci si rivolge alle giurie popolari ed è necessario costruire narrazioni in grado di avere senso – la scelta dei concetti da mettere in fila, la loro presentazione e le parole usate per darvi forma hanno un ruolo fondamentale. Che sia forma mentis o deformazione professionale, Tacopina applica lo stesso schema anche quando sceglie di parlare in conferenza stampa a Ferrara e questo dice qualcosa anche sul suo stile manageriale e sulle sue modalità gestione del consenso (e del dissenso).

Tacopina è ripartito verso gli Stati Uniti dopo una settimana trascorsa quasi interamente negli uffici del centro sportivo G.B. Fabbri, dove ha tentato ancora una volta di dare forma a una nuova SPAL. Tolta la prima, ereditata ad agosto inoltrato con tutti i suoi difetti, le altre due sono stati dei notevoli pastrocchi che hanno intaccato buona parte della sua credibilità di presidente e proprietario. Stagioni drammatiche di cui si è assunto la responsabilità generale, specificando tuttavia che l’errore principale ha riguardato le persone alle quali ha affidato la quotidianità societaria. Insomma un problema di risorse umane. Tre anni di proprietà statunitense dicono che il giorno in cui dirigenti, allenatori e giocatori entrano dalla porta di via Copparo sono i migliori in assoluto, quasi una garanzia di successo. Quando vanno via non sono altro che dei colpevoli, chi più, chi meno. La loro sorte viene ricondotta quasi interamente alla logica del risultato e del misurabile, due vere e proprie ossessioni della cultura lavorativa d’oltreoceano di cui ci siamo in parte appropriati nel tempo anche da questo lato dell’Atlantico.

Che il sistema di riferimento sia quello lo dimostra anche il continuo rimando all’impegno economico sostenuto dal 2021 a oggi. Calcolabile, tangibile, certificato dai bilanci, oltre che palesemente sproporzionato rispetto ai risultati attesi. Tacopina (e i suoi partner) al tempo si sono fatti carico di una zavorra che ha spaventato molti altri interlocutori dei Colombarini, ma non si può ignorare che il conto sia stato fatto lievitare anche a causa di valutazioni sbagliate (nel merito o nei tempi) dello stesso Tacopina. Un po’ come il giocatore al tavolo da poker che punta sempre più alto per recuperare ciò che ha perduto nelle mani precedenti. Nel suo triennio ferrarese l’avvocato ha confermato di essere un fenomenale catalizzatore di capitali (qualità non da poco), ma anche di avere un’inclinazione frequente verso scelte rischiose o governate da logiche che non sempre sono allineate a quelle tradizionali del calcio professionistico in Italia. A fronte di questo, mantenere al proprio fianco un investitore con la SPAL reduce da un 11° posto in serie C non deve essere un compito facile. Eppure nel giorno della conferenza stampa c’era Marcello Follano seduto in platea, rilassato e sorridente dietro ai suoi occhiali da sole. Tradotto: il rapporto è saldo e i soldi continueranno a esserci. Se questi verranno spesi bene… è da vedere. Sarà affare di Luca Carra e Paolo Danzè invertire una tendenza che ha irritato i tifosi e costretto lo stesso Tacopina a raddoppiare i suoi sforzi per tenere tutto in piedi.

Sempre a proposito di numeri: Tacopina non ha usato mezzi termini per chiamare allo scoperto chiunque voglia farsi carico della SPAL al posto suo, fissando il prezzo del subentro temporaneo a 10 milioni (fino a fine stagione). Oltre che a essere una risposta a chi gli chiede di vendere la sua è sembrata anche una manovra per chiamare quello che deve necessariamente sembrargli un bluff, giusto per rimanere nel campo delle metafore del gioco. Nei mesi scorsi sono circolate almeno un paio storie riguardanti fantomatici gruppi disposti a fare un’offerta. Tacopina ha smentito l’esistenza di contatti di questo tipo e forse anche per questo ha voluto andare dritto sull’argomento nel suo lunghissimo opening statement. La scelta poi di citare espressamente Walter Mattioli nel ragionamento può avere diverse spiegazioni. La prima: l’evidente differenza di consenso pubblico che c’è ancora oggi tra l’ex presidente e quello attuale. La seconda: le persistenti voci che danno Mattioli in attesa dietro alle quinte, pronto ad assemblare un gruppo in grado di soccorrere la SPAL in caso di fallimento e ripartenza dai dilettanti. Persone vicine a Mattioli hanno fatto sapere del suo stupore nel sentire le parole di Tacopina, ma che al tempo stesso non ci sarà alcuna replica.

Anche sul fronte della contestazione Tacopina è sembrato voler andare alla conta, in stile crisi di governo, sottolineando la partecipazione limitata alla manifestazione di protesta indetta dalla Curva Ovest il mercoledì precedente. Le cose però sono molto più complicate di così e anche se i social network non sono un barometro attendibile è evidente che dalla parte degli ultras ci sia una percentuale consistente di chi tiene alla SPAL. Una prima indicazione arriverà dalla campagna abbonamenti, una seconda dal clima al Paolo Mazza in occasione delle prime gare della stagione. Di fatto è in corso una battaglia che ha contorni politici (dove politica significa l’insieme di prassi che riguardano l’esercizio di un potere decisionale) e che produce un logoramento reciproco che dura ormai da un anno. Tacopina ha fatto un’altra apertura, ma a modo suo, sprezzante, tanto da aver generato quasi istantaneamente un post di risposta che fa capire quanto sia ampia la distanza che lo separa da chi lo contesta. Non c’è un terreno comune sul quale ragionare perché le premesse di un eventuale dialogo sono completamente assenti e non ci sono risultati sul campo in grado di modificare questa realtà.

In tutto ciò c’è un campionato di serie C che inizia tra esattamente due mesi. Con tante incognite, ma soprattutto con un allenatore nuovo, di diciott’anni più giovane del suo predecessore (particolare non secondario). Uno che porta con sé la promessa di un radicale cambiamento di mentalità in un contesto di rinnovamento quasi totale visto che tra campo e uffici saranno gran pochi i superstiti della stagione 2023/2024. Fermandosi alla panchina: il vecchio Vujadin Boskov diceva che un buon mister dev’essere contemporaneamente poliziotto, maestro e amico. Dossena a prima vista sembra più sbilanciato su poliziotto e maestro col suo programma di sedute doppie e intensità massima, mentre Di Carlo al momento del suo ritorno pareva essere più maestro e amico, impegnato com’era a stabilizzare una squadra che aveva cominciato a sentire la terra che franava sotto i propri piedi. Cosa che è riuscito a fare e se non fosse stato per la sconfitta di Pontedera probabilmente avrebbe aumentato considerevolmente le possibilità di superare quella linea rossa che separa l’achievement dal fallimento e che di fatto ha deciso il suo destino.

La quarta SPAL di Tacopina inizia quindi con le premesse di un’altra rivoluzione, o per meglio dire di una trasfusione, come l’ha voluta chiamare lui stesso. Capitali e persone sono stati messi di nuovo in circolo. Resta da vedere se in questo flusso entreranno anche le tante, dolorose, lezioni di due anni di promesse mancate o se sarà un’altra stagione all’insegna dell’instabilità e delle soluzioni istantanee.