Qualche appunto sparso, a mente fredda, a margine della sconfitta interna della SPAL contro il Pescara.
La serata dell’abiura di Dossena
Andrea Dossena è un tecnico appassionato. Che vive per il calcio e che considera genuinamente la panchina della SPAL come un’occasione di quelle che possono cambiare una carriera. Vorrebbe davvero provare a cambiare le cose e per questo è andato contro il suo pensiero calcistico – quasi come in un atto di abiura seicentesco – proponendo un compromesso al ribasso sotto forma di 532 che lo ha portato alla stessa identica destinazione delle volte precedenti: la sconfitta. Certo, si può anche passare da Galileo Galilei ad Albert Einstein e ricordarsi che “La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario“. Ma questo è stato un cambiamento forzato, che sa quasi di resa, pur di cavare qualcosa da un organico incompleto e fragilissimo, in termini fisici ma anche mentali. Non più tardi di venti giorni fa la sua posizione sull’argomento del sistema di gioco difensivo era sembrata chiara, oltre che sensata: “Siamo una squadra che pressando alto qualche situazione pericolo la crea. Un difensore in più vorrebbe dire lasciare il possesso palla a loro, ma credo che per noi il modo migliore per evitare gol sia tenere il pallone tra i piedi. L’unico modo per fare male sarebbe poi con le ripartenze, ma l’unico giocatore in grado di farlo è Rao. Secondo me non siamo strutturati per fare questo gioco”.
E ora qual è la strada da seguire?
Dossena rimarrà l’allenatore della SPAL per almeno un’altra settimana, a meno che non sia lui di chiedere alla dirigenza di chiudere anticipatamente il suo contratto con scadenza giugno 2026. In via Copparo sembra esserci la convinzione che il nuovo approccio tattico possa aiutare la squadra ad acquisire più sicurezza e quindi a limitare i gol presi. Quindi apparentemente si andrà avanti col pragmatismo del catenaccio contemporaneo, anche se nella sua prima uscita ha fatto registrare vari record negativi. Tra questi: il minimo stagionale di pericolosità in area avversaria (0,26 xG), quello di precisione nei passaggi (74%), di cross tentati (10), di calci d’angolo a favore (1), di efficienza nei duelli difensivi (52%) e di successo nei duelli aerei (32%). In compenso c’è stato il picco stagionale di lanci lunghi (93) quando la media prima della gara di venerdì era di 55. Ah, e c’è stato il dato più alto della stagione di palle perse (123), ma pure di quelle recuperate (99).
Se fosse solo un problema di tattica…
Al di là della disposizione dei giocatori in campo, che è quasi una formalità (“I moduli stanno solo sui fogli” cit. G. Bozzao) è evidente che i problemi siano più profondi. Anche quando si impegna – e venerdì l’ha fatto – questa squadra palesa limiti che prima o poi gli avversari sanno sfruttare. Se non sbaglia Sottini ci pensa Melgrati, se non lo fa D’Orazio provvede Karlsson e via così. Quando una squadra è fragile e impaurita l’errore è sempre dietro l’angolo. Nel fondamentale “Il profeta del gol” Johann Cruijff a un certo punto dice qualcosa del tipo: “In ogni partita ci sono 15 o 20 minuti di sbandamento perché nessuno riesce a giocare ai massimi livelli per 90 minuti. A volte quello sbandamento lo puoi pagare più caro di quanto dovresti“. La SPAL era ben indirizzata a uno 0-0 che non avrebbe fatto del tutto schifo vista la salute dell’avversario, ma la distrazione sul calcio d’angolo al 75′ ha frantumato tutto. Se poi di fronte alle conseguenze nefaste dello sbandamento vengono a mancare forze e idee per rimediare, allora si finisce a sperare di salvarsi in serie C.
È dura fare male agli altri senza un centravanti
Un anno prendi il golden boy contemporaneo del Milan (Colombo), ma smette di segnare a novembre. L’anno successivo paghi La Mantia a peso d’oro, inizia con un ritmo da Re Mida e poi scompare nelle nebbie delle sue insicurezze. Decidi quindi per l’usato sicuro con Antenucci, che però deve sobbarcarsi mesi di titolarità e di solitudine in un reparto spuntato. E allora pensi sia meglio un profilo “di categoria”, magari uno
reduce da 10 gol con una squadra che ha scampato di poco la retrocessione, nella speranza che possa imporsi su un palcoscenico più grande. E invece segna in Coppa Italia, si fa male e in campo torna solo il suo ologramma. Va bene, Karlsson ha affrettato i tempi di rientro dall’infortunio al polpaccio di settembre per dare una mano alla squadra, ma in queste condizioni è quasi deleterio. Un’altra grana, tra le tante, per Dossena. Intanto Zilli se ne sta a Cosenza a giocare i 10 minuti finali (quando va bene).
L’orizzonte è in salita
In serie C le cose cambiano in fretta e ciò che sembra un dato di fatto oggi tra soli due mesi potrebbe essere solo un ricordo. Un esempio: nel campionato dell’anno scorso, dopo 10 giornate, Lucchese, Recanatese, Olbia e Pineto erano tutte in zona playoff. Alla fine due sono retrocesse e altre due sono arrivate dietro alla SPAL. Per cui sarebbe esagerato proiettare l’attuale rendimento della squadra sull’intera stagione. Detto questo, fino a gennaio non si riesce a immaginare nulla di più di una SPAL che dovrà lottare di partita in partita per restare a galla e tentare di darsi una sistemata nel mercato invernale. Un po’ come accadde un anno fa con la gestione di Leonardo Colucci. Andranno vinti (o come minimo pareggiati) almeno gli scontri dirette con le squadre attualmente considerabili alla portata: Pianese (29 ottobre), Pineto (10 novembre), Legnago (16 novembre), Pontedera (2 dicembre), Vis Pesaro (7 dicembre). Le altre, al momento sembrano su un altro livello.