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Carico. Questo sembra essere l’aggettivo più appropriato per definire Massimo Gadda. Galvanizzato dagli ottimi risultati ottenuti dal suo arrivo alla Spal, il tecnico nativo di Legnano dà l’impressione di essere sempre più coinvolto dalla Spal e per la Spal. Sente la responsabilità dell’incarico e ne trae forza, consapevole che a portata di mano c’è un obiettivo storico che può segnare la storia dell’Ars et Labor. Quando Massimo Gadda in questa intervista dice che il calcio è la sua vita non lo fa per buttare lì una delle tante banalità di questo mondo. Lo fa seduto dentro uno spogliatoio, con al collo un cronometro e ai piedi delle scarpe con i tacchetti impiastricciate di fango del campo di allenamento. Insomma, l’aspetto di uno che crede in ciò che fa, più di ogni altra cosa. Di questo e di altro si parla in questa lunga chiacchierata avvenuta a Masi San Giacomo nel giorno della ripresa degli allenamenti dopo la pausa natalizia. Un vero e proprio viaggio negli ultimi dodici mesi di Gadda, dall’esperienza di Fano al girone d’andata chiuso alla grande sulla panchina biancazzurra.

Mister, per fare un bilancio bisogna partire dall’inizio dell’anno. E all’inizio dell’anno lei si trovava a Fano, in questa stessa categoria, a tentare di salvare i granata dopo essere subentrato alla decima giornata. Quanto è stato difficile affrontare l’esperienza della retrocessione?
“Si è trattato di un’esperienza che al di là del risultato sportivo deludente, mi ha permesso di crescere. Ho dovuto lavorare in un ambiente… problematico, diciamo così, ma questo non mi ha impedito di conoscere ottime persone e trarre degli insegnamenti validi. Nonostante un cammino da salvezza siamo scesi in serie D e questo ha esasperato ulteriormente gli animi. La scelta di difendere i giocatori dalle critiche mi è costata parecchie antipatie, tanto che in un paio di occasioni la polizia mi ha dovuto scortare fuori dallo stadio dopo le partite. Però, ripeto, se devo valutare quel periodo sotto il profilo personale non posso dire sia stato negativo”.

Questo però l’ha condotta a un’estate da disoccupato.
“Conosco come funziona questo mondo e quindi ero preparato a questa prospettiva. Di sicuro avere una retrocessione sul curriculum non mi ha aiutato ad avere pubblicità, in più la situazione in Lega Pro non era proprio delle più favorevoli. In ogni caso non mi sono spaventato, né fatto illusioni di sorta: ho usato il tempo che avevo per aggiornarmi, vedendo partite e allenamenti”.

Non deve essere stato comunque semplice.
“Non lo è mai quando si fa questo mestiere. Però nella mia carriera sono stato fermo per un periodo ben più lungo, quasi un anno e mezzo dopo l’esperienza con Castori sulla panchina del Cesena. Sono situazioni da mettere in conto e da affrontare con spirito costruttivo. D’altra parte sappiamo tutti com’è questo mondo per gli allenatori: un giorno sei un eroe e quello dopo un pirla, per dirla alla Mourinho”.

Poi in autunno è arrivata la telefonata di una sua vecchia conoscenza, Walter Mattioli.
“A essere sincero il primo a chiamarmi è stato il direttore Vagnati. Ho subito pensato fosse tanta roba, come si usa dire. Un’occasione del genere non capita spesso e di certo nella mia carriera di allenatore non l’ho mai avuta. Ho giocato nella Spal e so benissimo cosa vuol dire trovarsi qui. Quale attaccamento hanno i tifosi e quanto sia importante vincere”.

Il giorno del suo ingaggio lei pubblicò sul suo profilo Facebook uno status particolarmente eloquente (“E adesso caro Mister datti una mossa se no l’ambizione che hai rimane li come un soprammobile… Società Polisportiva Ars Et Labor!!!”), che lascia trasparire emozione, ma anche tanta voglia di dimostrare qualcosa dopo la parentesi di Fano.
“Credo sia un sentimento che accomuna un po’ tutti gli allenatori di Seconda Divisione in questa stagione, a prescindere da quanto successo prima. Inutile nascondersi: chi riuscirà a portare la sua squadra al traguardo della Lega Pro Unica farà un notevole salto di qualità. Di quelli che cambiano una carriera. È anche il mio caso, allenare la Spal in questa annata è l’occasione della vita. Per questo mi sono detto che sarebbe stato il caso di darsi una mossa per cogliere al meglio questa opportunità”.

Ricorda cosa ha detto ai giocatori della Spal al primo incontro?
“Certamente. Ho detto loro che sono una squadra competitiva e che l’unica maniera per fare risultato è mettersi sotto e lavorare il più possibile. Li ho trovati subito disponibili e questo ha contribuito subito a creare il giusto clima. D’altra parte, se non ci sono partecipazione e voglia di impegnarsi, non si va lontano”.

Nelle interviste rilasciate dopo il suo arrivo, i giocatori hanno frequentemente sottolineato la serenità che lei ha saputo riportare nello spogliatoio. È stata questa la chiave della svolta?
“Non saprei dirtelo, però di una cosa sono certo: il calcio è la mia vita da quando avevo tredici anni, ma non ho mai rinunciato a viverlo con serenità. È sempre stata la mia forza e ho provato a trasmetterla anche in un ambiente come quello della Spal, che vive spesso di alti e bassi a livello di umore. So come vengono vissute le sconfitte qui. Però so anche che la giusta serenità permette di maturare equilibrio e convinzioni forti da utilizzare sul campo”.

Sul campo invece i progressi più significativi sono giunti dalle prestazioni della difesa. In un’intervista di novembre (dopo la partita contro il Forlì) il presidente Mattioli si sfogò parlando addirittura di “difensori da Eccellenza”, ora invece la retroguardia sembra molto più solida.
“Il miglioramento è merito soprattutto del lavoro fatto assieme all’intero staff. Fin da subito tra i collaboratori che ho a disposizione si è creata una grande empatia. Soprattutto Stefano Baldoni è un tecnico molto competente per quanto riguarda la fase difensiva e gli ho voluto dare maggiore autonomia. Lui cura gli automatismi della difesa che poi mettiamo alla prova con le esercitazioni sul campo durante la settimana. Lavorando insieme siamo riusciti a creare il giusto equilibrio e vogliamo ovviamente continuare a migliorare”.

Tuttavia pare che nel mercato di gennaio arriveranno almeno un paio di difensori per puntellare il reparto, oltre al già prenotato Lebran.
“Beh, da questo punto di vista ha parlato chiaro il direttore Vagnati: c’è la necessità di rinforzare l’organico soprattutto in termini numerici visto che giocando a cinque dietro c’è sempre il rischio di essere un po’ corti. L’arrivo di Lebran in questo senso ci aiuterà, è un giocatore di qualità che può darci una bella mano”.

Nel frattempo è arrivato anche Berretti, che è un suo pupillo dall’esperienza di Fano e ha già esordito contro il Bellaria.
“Matteo è un buon giocatore e un ragazzo a posto. Sa essere molto duttile e interpretare diversi ruoli, per questo si renderà molto utile. Inoltre vede piuttosto bene anche la porta. Già domenica scorsa a Bellaria ha avuto una grossa occasione per segnare ed è stato bravo il portiere a respingergli il tiro”.

Un altro che conosce bene è Giuseppe Pregnolato: lo ha avuto come compagno di squadra, come giocatore da allenare e infine come collega alla Berretti della Spal.
“Io e Beppe ci conosciamo da tanti anni e quando ho saputo che alla Berretti c’erano problemi, mi sono sentito di fare il suo nome a Vagnati. Ha sempre lavorato bene con i giovani e credo potrà fare buone cose anche a Ferrara. D’altronde credo sia importante creare una certa continuità tra settore giovanile e prima squadra e penso che la società condivida questo obiettivo. È quel genere di dettaglio che poi fa la differenza tra una società che vuole tornare dove merita come la Spal e una che si accontenta di fare il minimo indispensabile”.

A proposito di società: com’è il suo rapporto col presidente Mattioli? Non deve essere semplice avere a che fare con un uomo così schietto e risoluto. Ad esempio qualcuno ha lasciato intendere che alla base del divorzio tra la Spal e Leonardo Rossi vi fosse proprio un rapporto non proprio idilliaco tra i due.
“Ho lavorato col presidente ai tempi della Giacomense e quindi posso dire di conoscerlo abbastanza. Durante il mio periodo a Masi San Giacomo non sono mancate discussioni talvolta accese, ma ci siamo sempre confrontati con grande lealtà. Penso ci sia una buona dose di stima reciproca e il fatto che abbia pensato a me per allenare la Spal credo sia indice di un rapporto profondo tra di noi”.

Il rapporto con Ferrara invece com’è? L’ha trovata cambiata dai tempi in cui ci passò da giocatore?
“Sotto il profilo calcistico direi che è cambiata poco. Quando giocavo c’era sempre un enorme entusiasmo, ma anche la tendenza di abbattersi più del dovuto quando le cose andavano male. Purtroppo le retrocessioni e le vicende societarie dell’ultimo decennio hanno giocato un ruolo determinante e di fatto hanno creato un buco nella tifoseria. Manca proprio una generazione intera che non si è appassionata alla Spal. Però è anche innegabile che basti poco per riaccendere la passione della città. Sta a noi alimentarla da qui al termine del campionato”.

L’entusiasmo intanto l’ha già creato la serie positiva di risultati seguita al suo arrivo e tanti vedono come probabile il raggiungimento della fatidica quota 52 delineata da Mattioli.
“Meglio non pensarci. Al primo allenamento dopo le feste ho radunato la squadra nello spogliatoio e ho mostrato ai ragazzi un foglio con la classifica parziale del mese di dicembre. In quella siamo primi davanti a tutti. Poi l’ho strappata in diversi pezzi e ho detto a tutti che è necessario cancellare assolutamente questo pensiero. Da gennaio parte un altro campionato e il mercato permetterà a tante squadre di cambiare volto. Pensare di aver fatto metà del lavoro è la cosa più pericolosa”.

In una intervista rilasciata questa settimana, il capitano Varricchio ha sottolineato come nel girone di ritorno si assottiglierà notevolmente il margine di errore per tutte le squadre e questo renderà tutto più difficile.
“Ha ragione. Con i risultati dell’ultimo mese ci siamo messi in condizione di poterci permettere un paio di passaggi a vuoto, ma non deve essere affatto un alibi. Anzi, dobbiamo dare tutto per metterci in una posizione di vantaggio il prima possibile. Infatti per noi le prossime due partite con Renate e Monza sono importantissime per capire in quali condizioni prenderemo parte allo sprint finale”.

Dietro alla Spal in classifica infuria un certo traffico: ci sono dieci squadre nel giro di otto punti. Chi teme di più?
“Sicuramente ci sono squadre come Alessandria, Mantova e Cuneo che hanno organici di prim’ordine e la possibilità di rafforzarsi ulteriormente nel mercato di gennaio. Se lavoreranno bene credo riusciranno a rimanere agganciate stabilmente alla zona che conta”.

Il pensiero di potersi permettere sempre meno errori non rischia di gravare su una squadra giovane come quella che ha a disposizione?
“Ma no, non credo. Avere un organico di giovani presenta vantaggi e svantaggi, ma tra i vantaggi c’è anche la possibilità di giocare con una certa spensieratezza. E tra i miei compiti c’è anche quello di non far pesare più di tanto questo spettro. Personalmente non sono preoccupato di questo aspetto, sono convinto di poterli aiutare a gestire le eventuali pressioni”.

Sotto questo punto di vista quanto sarà determinante l’apporto dei senatori? Mi riferisco in particolare a due caratteri forti come Varricchio e Cozzolino.
“Sicuramente il loro contributo è importantissimo e posso dire di avere un bel rapporto con i due che hai citato, ma anche con ragazzi come Edo (Braiati), Paro e Buscaroli che poi rappresentano il nucleo dei giocatori più esperti. Quando sono arrivato mi sono sentito dire che Varricchio è un giocatore difficile da gestire. Invece ho trovato un professionista esemplare, il migliore con cui abbia mai lavorato. Non molla neanche per un singolo minuto di allenamento e non risparmia mai consigli agli altri ragazzi. Magari a volte è un po’ brontolone, ma è solo un tratto del suo carattere che di certo non intacca i suoi pregi. Anche Beppe (Cozzolino) è un grande, sempre a disposizione dei suoi compagni. Ma più in generale sono felice di avere giocatori che sappiano fare da traino al gruppo”.

Del suo grande coinvolgimento nelle sorti di questa Spal abbiamo già detto. E la sua famiglia? Come vive questa nuova avventura?
“Direi bene. Mio figlio Andrea da novembre gioca nel Matelica, in serie D. Da quando è arrivato lui la squadra ha vinto quattro partite su cinque. Chiaro che non è esclusivamente merito suo, ma se non altro possiamo dire che nel girone d’andata a casa Gadda sono entrati parecchi punti. Speriamo sia così anche nel ritorno”.