Novantadue interminabili giorni. Tre mesi o poco più. Villa Toniolo è ormai solo un ricordo, il Professor Marcacci e il delicatissimo intervento alla rotula anche. E poi ci sono stati i primi momenti. Duri, difficili. A volte insopportabili. Interminabili. Ma per fortuna finiti. O quasi. E’ così che inizia il racconto del forte esterno dei ferraresi Davide Di Quinzio, sfortunato sì ma per nulla sconfitto da una battaglia ad armi impari, contro il destino che, nonostante tutto, ha intenzione di mettere al tappeto. La stagione, in fondo, non è ancora finita. E’ quasi giunta l’ora di tornare in campo per il mancino di Paderno Dugnano. Manca davvero poco. E Davide, siamo sicuri, tornerà a volare sulla fascia spinto, ancora una volta, da quel pubblico che non ha mai smesso di incitarlo e incoraggiarlo sin dal suo arrivo all’ombra del Castello Estense e che nei momenti più complicati della sua convalescenza gli si è stretto attorno. Un affetto nato per caso, se vogliamo, ma ricambiato da subito da questo ragazzo che, a venticinque anni da compiere, ha un solo desiderio: “Stare bene, dimostrare quello che valgo. E farlo alla Spal”.
E’ il sette marzo 2014: il cinque dicembre eri sotto i ferri e, oggi, per la prima volta tre mesi dopo, sei a disposizione del mister.
“Usando tutte le cautele del caso sono molto contento perché da oggi sono tornato ad allenarmi insieme al gruppo, anche se è ancora presto per parlare di campo, di partita e di convocazione nei diciotto. Mi manca tanto, conto i giorni, è un calvario restare fuori e guardare i miei compagni senza poter dare il mio contributo. Stanno facendo un campionato splendido, mi dispiace tanto non essere riuscito a dimostrare davvero il mio valore”.
Torniamo indietro. A Castiglione il primo crack, a Forlì, un mese dopo, il secondo. Quello fatale che non ha potuto scongiurare l’inevitabile.
“Non mi era mai successo in carriera di farmi male sempre lì, nello stesso punto, e nel giro di così poco tempo. Abbiamo convenuto che così non si potesse andare avanti: il consulto con il Professor Marcacci, poi, è stato illuminante in questo senso e la decisione da prendere, dura quanto difficile, è stata quella di intervenire subito. Sapevo che avrei dovuto perdere quasi tutta la stagione: all’inizio si era parlato di un periodo infinito, di almeno cinque, sei mesi lontano dai campi, addirittura, che per fortuna però si stanno accorciando. Siamo avanti sulla tabella di marcia, i controlli vanno bene, è un buon segno. Sarebbe un sogno andare in panchina a Cuneo (ride) ma è impensabile: mi sarebbe piaciuto giocare perché là ho lasciato dalla scorsa stagione tanti amici e tanta gente che mi vuole bene. A dirla tutta mi dispiace anche non poter giocare domenica al ‘Mazza’ contro il Rimini, se è per questo. Con un pubblico così giocherei anche con una gamba sola. Chiunque penso. Ma spero di poterle vivere presto queste emozioni e sempre a Ferrara”.
Villa Toniolo e i primi giorni di una convalescenza più lunga del previsto.
“Io non lo ricordo ma mi hanno detto che quando sono uscito dalla sala operatoria dicevo che avevo freddo dappertutto, che dovevano coprirmi i pied (ride): tutta colpa dell’anestesia (ride). Sono rimasto cinque giorni in clinica e non due come preventivato ma è stato meglio così. E’ stato un intervento delicatissimo, non me l’aspettavo davvero”.
Raccontaci i primi momenti.
“Difficilissimi è dire poco. Non potevo muovermi. Non potevo alzarmi. Non riuscivo a mangiare. Un dolore atroce che non passava neppure con tutte le medicine di questo mondo. Sono stati fondamentali i miei genitori. La mia famiglia è speciale, non mi hanno lasciato un attimo: mamma Laura e papà Benito non mi hanno mai abbandonato, sono sempre stati con me. Credono in quello che faccio, sanno che è il mio lavoro, che quella rotula maledetta mi serve per divertirmi, certo, ma anche e soprattutto per lavorare: perché quello che so fare meglio è questo, è il calciatore. E ho tanta voglia di tornare”.
A gennaio un piccolo Di Quinzio, intanto, è entrato a far parte della tua vita.
“Un meraviglioso raggio di sole in un momento personale davvero complicato: è nato il mio nipotino Edoardo, lo scorso 7 gennaio, figlio di uno dei miei due fratelli (Riccardo, l’altro è Simone ndr). Mentre pian piano riprendevo a prendere confidenza con la gamba il pensiero costante rivolto a mia cognata e a mio fratello che stavano per diventare genitori è stato un gran toccasana. E con la nascita di Edoardo ancora di più anche se lo vedo molto poco visto che vivono ad Albissola in Liguria. Però, quando c’è il modo e il tempo è sempre con me e lo porto un po’ in giro. Se farà il calciatore non ho dubbi: sarà nettamente più forte di me, almeno glielo auguro! A febbraio ho ripreso ad allenarmi, cinquantacinque giorni dopo l’intervento: qualcosa di molto blando, niente di che, ma è lì che ho iniziato a vedere un po’ di luce, in fondo a un tunnel che sembrava infinito”.
E adesso?
“E adesso ho bisogno di ritrovare una mia personale sicurezza. Quella mentale, prima di ogni altra cosa, ancora più di quella fisica che verrà con il tempo e solo giocando. E’ fondamentale. Devo sentirmi sicuro di poter contare sul mio ginocchio ‘nuovo’ e per farlo so che servirà comunque un po’ di tempo. Me lo hanno detto. All’inizio sarò contratto, sin da quando ho ricominciato a mettere il piede a terra avevo un po’ di timore. E’ normale. Sentivo strani ‘rumori’, sai com’è, non è facile ricominciare, o quasi, a camminare”.
E la Spal?
“Eh la Spal (pausa e un lungo sospiro). La Spal è tanta roba e lo vedete anche voi da fuori. Ferrara è stata il mio primo investimento quest’estate. E’ la squadra che volevo. La piazza giusta. Quella per fare il grande salto intendo. Per cui vale mille sacrifici. Ho incontrato persone speciali qui, i ragazzi mi sono sempre stati accanto, sin dal primo giorno, poi la dottoressa, la società, il mister che sin dal suo arrivo non ha fatto che incoraggiarmi e farmi sentire importante. Niente da dire. E poi questo pubblico, eccezionale, incredibile. Un patrimonio. E, a quanto leggo, siamo solo all’inizio. Pensa te… Ci sono persone che mi scrivono quasi ogni giorno per chiedermi quando torno, per sapere come sto. Non me l’aspettavo tanto affetto, a tanta ingiustificata importanza no, non ero proprio abituato. Ferrara è il mondo perfetto per ogni giocatore”.
A Pasqua con Di Quinzio?
“Magari anche prima, chi può dirlo. Il mister non mi mette fretta anche perché può contare su giocatori davvero validi nel mio ruolo. So che in ballo c’è molto di più di un semplice rientro, c’è la mia carriera e devo seguire alla lettera quello che mi diranno i medici. Tra poco avrò il controllo, quello decisivo, ma so già che andrà bene perché è così che deve andare. Perché voglio tornare in campo. Mi sento bene, in testa non ho che la Spal e ho voglia di toccare il pallone in partita, di togliermi la ginocchiera. Di fare gol. Sotto la Ovest. Di tornare a festeggiare come ho già fatto. Sarebbe la medicina più bella. E allora sì, quel giorno potrò dire davvero di essere guarito del tutto”.
In estate la Spal dovrà scegliere se riscattarti o meno. Di Quinzio che dice?
“Sono inevitabilmente di parte ma non perché ho paura di rimanere, eventualmente, senza squadra. Devo qualcosa a chi mi ha aspettato così a lungo, poi è chiaro che la società farà le sue valutazioni come è giusto che sia: se però mi dicono dove devo firmare per restare qui e non solo l’anno prossimo ma anche negli anni a venire, lo faccio immediatamente. Non ho nessun dubbio che Ferrara sia la piazza giusta. Inutile lo ripeta ancora. E’ un orgoglio far parte di questo gruppo, con questa dirigenza. Qui c’è un futuro da scrivere, senza retorica lo dico, e vorrei farne parte. Magari da protagonista. Facciamo un passo alla volta però e pensiamo intanto a tornare in campo. Poi si vedrà”.