Nella serata di sabato, prima di SPAL-Santarcangelo, la società biancazzurra ha reso omaggio alla memoria di Giuseppe Campione con un momento di commemorazione sotto la Curva Ovest, alla presenza della mamma e del fratello. Oggi ricorre il ventennale della scomparsa del talento pugliese, la nostra redazione lo onora con un contributo firmato da Luigi Telloli nel 2012.
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Me lo ricordo come fosse ieri. Ero in seconda media. Ero in seconda media e quella mattina ero andato in centro a comprarmi il mio primo paio di jeans firmati. La solita “letta” allo sport e quella notizia di merda: ci lasciava una promessa del calcio italiano, un bimbo di soli 21 anni. Soda in coma. Ero spiazzato da quel dolore, io, che all’epoca ancora non avevo ben chiaro cosa significava perdere qualcuno. Ecco “Beppe”, nel mio, nel tuo, nel nostro piccolo microcosmo di colori, tu iniziavi a brillare. Io diventavo un uomo. O ci provavo.
Giuseppe Campione, la prima volta che “mi” è morto qualcuno, la prima volta che ne ho avuto consapevolezza. Ricordo che assieme a qualche amico (qualcuno di cui non gliene fotteva una beata minchia ad onor del vero…) salimmo in città. La cattedrale (il Duomo) era stracolma, migliaia di persone, ricordo Maifredi, le giovanili del Crevalcore, le maglie di Bologna e S.P.A.L. che, sciolta la rivalità, si tenevano a braccetto, ad accompagnarti per l’ultima volta con quel numero 10 e quel cognome da predestinato. Mi sembra oggi quando dopo quel fuoco da scuola del giorno precedente, andai allo stadio. C’era quello striscione immenso, come immensi furono i rivali spezzini e massesi. I primi, con uno striscione largo come tutto il campo, splendido: “Al di là del tifo il valore umano, Campione vive”. Mi ricordo anche qualche cretino che a metà del primo tempo provò a lanciare qualche coro offensivo. Mai stato più fuori tema.
Mi ricordo cose che non ho mai rivisto dal vivo su un campo di calcio… Mino (Girolamo) Bizzarri che segnò 4 goal ed ogni volta correva sotto la curva a baciare il tuo nome. Io, purtroppo e per fortuna certe cose non le ho più vissute. Son le cose che mi han reso chi sono. Tra le tante. Una delle più importanti. La prima volta che ho pianto senza capire la forza di quel pianto. Ma ti ho capito dopo Champ, negli anni, in quel ricordo nitido di un goal annullato ed un ‘espulsione che non ti avrebbe visto in campo quella domenica. Avevi esordito a Bologna in U.E.F.A. (già, le coppe avevano orecchie e nomi diversi), poi lo scambio con il già “affermato” Davide Olivares, che al Bologna una rete importantissima la segnò in quella semifinale di Serie C1 con un pubblico da A, non da B, da A. Negli anni poi le istituzioni e la stessa S.P.A.L. ti dimenticarono. Facendo anche saltare il tuo memorial.
E poi va detto, una volta per tutte, Ferrara, gli spallini e gli ultras si riconoscono nella Curva Ovest,quella conosciamo, in quella ci s’identifica. Per cui, almeno per Giuseppe, quando ne scrivete, chiamatela col suo nome, io il suo lo bacio ogni domenica. (entrata gradinata, altezza bar) Quella targa in marmo segna l’amicizia tra le tifoserie di S.P.A.L. e Cararrese. Quella targa è il ricordo più bello e immediato che ho. Già, la targa degli amici apuani all’entrata della Ovest. Ricordo anche Negri, ex attaccante dei Glasgow Rangers che in tua memoria giocava col tuo 10 e quando poteva non mancava di fare un salto alla Certosa di Ferrara. Non vorrei scriverlo, ma mi succede sempre quando ricordo Beppe… l’anno dopo, i pratesi ebbero modo di farsi notare (nell’occasione parlo) quale una tifoseria vile e infame. Gli ultras sono altra cosa. Gi esseri umani anche. Un bacio Beppe, un giorno ti verrò a salutare.
Gigi, all’epoca 14 anni suonati.