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E’ il giorno di Santo Stefano. Il sole splende su una pigra Verona, sazia di libagioni natalizie. Sui tetti grava una foschia che sfuma i contorni e si posa sull’Adige scintillante di luce. In alto, il cielo terso avvolge il mondo e si china sulle colline che a settentrione abbracciano la città. Castel San Pietro tro­neggia super­bo sul colle omonimo e adempie al suo secorale compito di guardiano del fiume. Tra le sue mura forse s’aggira il fantasma di Re Teodorico, che governò questi luoghi con accorta saggez­za. Dai campanili confusi nella foschia si leva uno scampanio festoso che allieta chi passeggia sui colli. Intorno è silenzio, e lungo il viottolo che sale tra gli alberi scheletrici si assapora la solitudine con insolito piacere. E i pensieri incalzano, generandosi l’un l’altro sulla scia di ricordi appartenenti a una vita che si stenta a riconoscere propria.

Si procede lungo il sentiero che penetra il bosco per poi tornare a rivedere la città che, giù nella val­le, nasconde le sue grazie come una pudica fanciulla d’altri tempi. Si ascolta lo scalpitio dei  passi sul selciato e il pensiero va al tempo che fugge, alle speranze, alle illusioni e delusioni che accom­pagnano la vita e la fanno sentire sempre imperfetta e incompiuta. Cosa mai sarebbe stato – ci si chiede – se quella volta si fosse fatta una scelta diversa o seguito quel saggio consiglio? Se ci si fos­se trovati in quel luogo in un diverso momento, se non si fosse conosciuto quella persona o fatto quella particolare esperienza. Al seguito di queste domande impossibili, si comprende che poco o nulla noi contiamo nel plasmare la nostra vita. La volontà rincorre sogni che riteniamo di poter rea­lizzare nel pieno controllo degli eventi, ma il caso è sempre in agguato e ci può portare lontano anni luce dalle nostre iniziali intenzioni. Secondo il caso, progetti che prima parevano irrinunciabili ven­gono poi accontonati senza alcun rimpianto. Il caso ci riserva consiglieri giusti o sbagliati, tanto che la nostra vita può conoscere attimi di gloria o finire miseramente nella polvere. Il caso può persino spazzarci via in un attimo e por fine ai nostri giorni e a ogni nostra più o meno nobile impresa. Così è, amici lettori, e non possiamo farci niente, se non chiederci chi governi i fili della storia e quale scopo persegua il suo oscuro operare. E qui viene spontaneo esclamare: beato il credente, la cui ri­sposta appare risolutiva di ogni dilemma! E’ Dio – egli sentenzia – che governa i destini del mondo, con lo scopo di accoglierci tutti a godere del Regno dei Cieli. Questo egli dice, sospendendo la ricerca e rifugiandosi nella fede. Il non creden­te, invece dovrà accontentarsi di filosofare in eterno, cercando appagamento nelle domande più che nelle risposte.

Pensieri di tal genere è lecito figurarsi nella mente di un solitario viandante che si aggiri sulle colli­ne di Verona, o in qualsiasi altro luogo ameno, nel giorno successivo al Natale. Del resto, quale oc­casione migliore di questa può darsi per riflettere sulla nostra condizione e sul significato della vita? La solitudine è la compagna ideale e il silenzio sembra dilatare l’esistenza di almeno un paio di se­coli; l’anno sta volgendo al termine e induce a bilanci e propositi di miglioramento materiale e spiri­tuale; il Natale intenerisce l’animo e induce a pensieri onesti e puri; la natura offre scorci di bellezza che appaga i sensi e placa gli animi induriti: è davvero l’occasione propizia per una riflessione che ci conduca a conciliarci con noi stessi e con la vita.

Per l’anno nuovo, amici miei di fede spallina, io mi auguro che si possa essere sereni e alieni da inutili isterismi in caso di qualche risultato negativo. Ricordiamoci che nel DNA della nostra SPAL sono impressi nobili valori che si possono comprendere e praticare avendo noi stessi un animo nobile. Anche Ferrara – vorrei dire “la mia Ferrara”, dal momento che mi ha dato i natali – offre ai nostri cuori le sue bellezze affinché essi possano ricrearsi, ingentilirsi e nobilitarsi. Sarebbe bello che la SPAL tornasse a praticare i palcoscenici più prestigiosi del calcio assieme a una tifoseria matura e preparata, aliena dai fanatismi che popolano gli spalti di altri stadi. Sogno un Mazza gremito sui quattro lati e scatenato in un tifo assordante, ma anche civile, ospitale e rispettoso dell’avversario. Sogno la SPAL mietere successi strepitosi su ogni campo, ma anche esempio di educazione e gentilezza. Anche se il sogno più urgente, per ora, è una bella vittoria sulla Reggiana, lunedì prossimo e di fronte all’Italia intera. Auguro a voi buon anno, amici lettori! E che tra le cose belle che vi possano accadere prossimamente ci sia anche una storica impresa biancazzurra.