Per l’organigramma del Pontedera è il responsabile dell’area tecnica, ma per tutti è il Direttore. Si parla di Paolo Giovannini: l’ex dirigente del miracolo Castelnuovo Garfagnana e di promozioni e successi in giro per la Toscana (Massa, Lucca e Pontedera) sta alla Lega Pro come i vari Beppe Marotta, Pierpaolo Marino e Pantaleo Corvino stanno alla serie A. Profondo conoscitore del pianeta calcistico e abile alchimista nel coniugare budget limitati, risultati e lancio di talenti. E’ lui la vera anima del Pontedera prossimo avversario della SPAL. Non un semplice direttore sportivo, come ci tiene a precisare lui stesso, ma un professionista in grado di occuparsi a 360 gradi della gestione del club. Al quarto anno nella città della Piaggio, dopo aver ottenuto una promozione tra i professionisti con il Castelnuovo Garfagnana (disputando poi due playoff per accedere alla C1), due promozioni a Massa (in squadra c’era l’attuale diesse spallino Davide Vagnati), due promozioni a Lucca e una promozione e playoff per la B a Pontedera.
Direttore, anche quest’anno la ricetta del suo Pontedera prevede la valorizzazione di giovani e una squadra costruita con un occhio al bilancio.
“I quattro punti ottenuti nelle prime due gare non devono esaltarci. Sappiamo che potremmo andare incontro a qualche difficoltà. D’altronde se cedi a gennaio Grassi all’Ascoli e Caponi al Pisa, e poi nel mercato estivo cedi otto giocatori della squadra titolare, di cui sette in B, ti ritrovi una squadra ribaltata. La ricetta sarà quella di ogni anno: portare avanti dei giovani che magari hanno fatto un po’ di anticamera o di dietro le quinte per poi esplodere nel secondo anno come è successo ai vari Gonnelli e Gasbarro ora a Livorno, Di Noia andato a Bari, Galli al Crotone, Luperini alla Juventus. Tutti ragazzi che magari alla prima stagione da noi hanno sofferto. Abbiamo confermato lo zoccolo dei giovani dello scorso anno: Polvani, Cardelli e Videtta che non erano titolari e chiediamo ai giovani che sono arrivati dai club di A e B di essere pronti da subito”.
Ecco, l’anno scorso è arrivato Madrigali, uno dei giovani più interessanti del campionato Primavera. Come fa ad assicurarsi gli under migliori?
“Sono cambiate le regole sui contributi, ma noi non abbiamo cambiato la nostra mentalità. Anche perché abbiamo una reputazione e una professionalità da mantenere. Chi manda i ragazzi qua sa che cresceranno indipendentemente dal minutaggio. L’anno scorso dieci, dodici squadre avevano costruito le rose puntando ai contributi. Quest’anno i ragazzi non li fa giocare nessuno. La regola degli otto under in una rosa di ventiquattro, vuol dire che chi ha sedici giocatori di esperienza difficilmente manda in campo più di tre giovani. È quasi matematico. Altrimenti ha fatto uno sbaglio a spendere per sedici contratti over. Noi non abbiamo modificato il nostro status. La nostra rosa è composta da 17 under e 7-8 over. Così ogni domenica ne giocano un minimo di cinque e un massimo di otto”.
Quindi il Pontedera insiste sulla politica dei giovani.
“Posso anche dare quindici o sedici ‘vecchi’ al mister. Poi però l’esplosione di Polvani o Risaliti è rimandata ad anni migliori o a delle disgrazie come infortuni dei titolari. Se invece al mister dai cinque, sei, giocatori di esperienza, o giochi in sei contro undici o i giovani devono giocare per forza. Se do cinque Vettori al mister pure se Curti è fortissimo prima che capiti l’occasione a Curti occorre che se ne ammalino quattro di Vettori. Chi spende per 15-16 contratti ‘over’ come fanno Lucchese, Pistoiese e SPAL farà fatica a far giocare i giovani. E quando poi i giovani scendono in campo ti mordi le mani perché forse era meglio non spendere per il contratto di un giocatore d’esperienza. Noi quest’anno abbiamo preso Kabashi della Juventus, Gemignani dell’Empoli poi Polvani e Risaliti. Tutti giocatori destinati alla cadetteria se non quest’anno il prossimo. Certo che poi quando vai a giocare contro i Gasparetto, i Giani, affronti giocatori già pronti, ma la nostra politica, se vogliamo continuare ad avere i giovani migliori da A e B, deve essere questa. Occorre avere il giusto mix. Cinque o sei giovani di prospettiva nostri per cercare di venderne almeno due o tre e poi i giocatori da valorizzare con gli ingaggi interamente pagati dalle società che ce li mandano. Ai nostri non posso rinunciare perché rischierei di perdere quel patrimonio di tre-quattrocentomila euro di cessioni di cui il Pontedera ha bisogno. Hai delle soddisfazioni se riesci a salvarti, ma hai anche il rischio di affrontare un campionato pieno di difficoltà. C’è poco spazio per i giovani in questa Lega Pro. Lo scorso anno per il discorso dei contributi anche società blasonate come SPAL, Lucchese e Pistoiese avevano tanti giovani, quest’anno nemmeno il Santarcangelo o il vicino Tuttocuoio ne hanno tanti. Il Tuttocuoio ne fa giocare al massimo tre, ma se hai gente come Colombo, Falivena, Colombini, Caponi come fai a tenerli fuori? Abbiamo qualche preoccupazione, ma sono anche convinto di avere giovani bravi”.
Parliamo di questi ‘under’. Gemignani dell’Empoli, Polvani fatto in casa, Curti definito il nuovo Cannavaro ai tempi della Juventus, Sané del Chievo e Disanto che potrebbe essere il nuovo Grassi.
“Sono buoni giocatori, se trovano il maestro giusto, c’è la volontà di confrontarsi, le doti fisiche e un po’ di acume tattico i ragazzi possono andar lontani. Polvani e Risaliti hanno voglia di arrivare e qualità fisiche non indifferenti con corsa, forza e resistenza organica che possono ancora migliorare. Sané ha avuto una serie di contrattempi, ma ha tanta qualità anche se deve migliorare sul piano difensivo, il Chievo ci punta tanto. Curti è un giocatore straordinario, di grandissima prospettiva. La Juve ci crede tantissimo. Ha avuto la mononucleosi ed è in ritardo. E’ un predestinato. Ne ho avuti tanti di giovani, Gonnelli e Gasbarro per dire, che ora giocano nel Livorno da titolari e Curti è un giocatore di questo spessore. Puntiamo all’esplosione definitiva di Polvani e alla conferma di Risaliti. Al fianco di capitan Vettori abbiamo tante valide alternative. Dormiamo sonni tranquilli. Disanto è un giocatore diverso da Grassi. Un attaccante esterno, seconda punta. Deve migliorare tanto. Gli chiedo di impegnarsi nel migliorare. Perché il potenziale c’è. Un esempio: Arrighini era una spugna con me e il mister. Recepiva tutti gli input sul piano tattico e comportamentale ed è diventato il giocatore che è, facendo un gran cambiamento. Ci sono giocatori che ci mettono di più a ricevere questi input. Disanto è un pochino indietro. L’anno scorso ha fatto trenta presenze, quest’anno mi aspetto un salto di qualità. Ha caratteristiche fisiche come corsa e dinamismo ed è un ’94, può fare il saltino”.
Parliamo anche di “Gigio” Grassi. Venderlo alla Salernitana, riprenderlo e ‘sfruttarlo’ fino al raggiungimento di una classifica tranquilla per poi cederlo all’Ascoli è stata una grande operazione di mercato. Ma quanto c’è di vero nel litigio con Della Latta, poi andato al Grosseto e rientrato al Pontedera dopo l’addio del fantasista?
“Guardi non mi interessa cosa succede quando finisce la corsa. Forse c’è stato un battibecco. Con me si erano comportati bene. L’importante è che finché si corre assieme ci sia armonia. Ora è tornato Della Latta e voglio che sia sereno e tranquillo. E’ come in un matrimonio. Meglio stare un anno e bene con la moglie che quattro anni e soffrire. Grassi è un po’ un mio figlioccio. Era con me al Castelnuovo, poi a Lucca l’ho venduto alla Salernitana, ma l’operazione che ritengo importante è quella fatta con Luperini. La Sampdoria l’ha mandato qui per l’addestramento tecnico. Poi lo ha lasciato andar via e noi l’abbiamo riconfermato dopo una stagione da 4-5 presenze (9) con la mononucleosi e una spalla rotta, perché avevamo intravisto doti tecniche e umane nel ragazzo. Dopo una stagione da otto gol tra campionato e Coppa ha firmato un triennale con la Juventus e ora è in prestito alla Pro Vercelli”.
Tanti successi in Toscana con il Castelnuovo, la Massese, la Lucchese e anche al Pontedera. Direttore, si aspetta una nuova avventura in futuro?
“Ho ottenuto sei promozioni in quattro società diverse. Confrontarsi con realtà diverse ti fa crescere. Sono passato dal non fare nemmeno una conferenza a Castelnuovo e Pontedera e a farne quattro o cinque a settimana a Massa e Lucca. Ho un contratto in scadenza nel 2017. Vorrei provare la serie B. Visti i risultati sportivi credo che una chiamata sarebbe legittima, anzi di legittimo non c’è niente, ma credo che non si potrebbe nemmeno gridare allo scandalo se Giovannini venisse chiamato in B. So comunque apprezzare quello che ho. Lavoro in una società professionistica e il Pontedera è fra le prime cento in Italia. Tutti qui mi vogliono bene e mi sento un grande punto di riferimento, il sostegno principe di questo club. Non andrei a portare le borse in un’altra realtà. Seguo le linee guida del bilancio, ma mi sono fatto apprezzare come professionista. Oggi non siamo più una meteora e vorremmo che le sfide con SPAL, Pistoiese e Lucchese diventassero un’abitudine non una casualità. Siamo già al quarto anno e vorrei lasciare il Pontedera in Lega Pro al termine del mio mandato. Qui ci sono rapporti umani importanti, poi se non c’è da mangiare bistecche tutte le sere, ma qualche volta la pizza va bene uguale. Ho una visione del club a 360 gradi e credo che la lealtà e l’onestà intellettuale siano alla base del mio lavoro. Quando poi i collaboratori vedono il tuo impegno è difficile che ti prendano in giro. Il calcio è uno sport di gruppo, non contano l’amicizia e le cene fuori, quelle sono tutte cazzate, conta solo la tolleranza per mettere assieme trentacinque teste dal presidente al magazziniere”.
Si spiega così il sodalizio pluriennale con Paolo Indiani? Ci racconti come è andata con il mancato passaggio del tecnico alla SPAL nell’estate del 2014.
“Sono otto anni che lavoriamo insieme, con qualche interruzione. Rimane la mia primissima scelta. Finché lui avrà voglia di lavorare sarà il mio allenatore. Abbiamo modi di concepire il calcio e valori umani che sono molto vicini. Ci sono state discussioni e punti di vista differenti, ma io sono contento di lavorare con lui e viceversa. Ci siamo ritrovati nel 2010-11 a Lucca, poi siamo andati a Pistoia e da quattro anni a Pontedera. Con la SPAL il discorso era che Indiani era sotto contratto con il Pontedera. Ci fu un contatto tra lui e Vagnati, nostro giocatore a Massa. Poi ho avuto anch’io un incontro con Indiani. Tutto quello che è stato detto e scritto era molto più avanti di quello che in realtà c’era. Il contatto ci poteva anche essere stato, ma non è detto che il giorno seguente si andasse a firmare. La realtà dei fatti è che c’è stata una semplice telefonata”.
Cosa pensa del lavoro di Vagnati? Dopo due stagioni dove ha investito molto nel mercato di riparazione, quest’anno la squadra sembra esser partita col piede giusto.
“Il lavoro dall’arrivo di Semplici è straordinario. Nel calcio non è bravo solo il singolo. Ci sono dei componenti che devono incastrarsi. Quest’anno è stato più facile perché c’era già una fisionomia di gioco. E’ rimasto lo zoccolo duro e c’è già sintonia e fiducia con il tecnico. Avendo già conosciuto Semplici, sapeva come muoversi sul mercato. L’anno scorso hanno chiuso non in maniera straordinaria, ma di più. Quest’anno l’avvio di campionato è stato la logica conseguenza. Se hai le pedine giuste al posto giusto puoi far bene. Mi aspettavo un avvio così. Non so se vincerà o meno il campionato, non sono un mago, ma sono sicuro che non si perderà e non avrà i vuoti che ha avuto in passato, questo mi sento di dirlo”.
Per finire, c’è qualche under che le è sfuggito?
“Dico la verità. Ho un pentimento grosso come una casa. E’ Ricci del Parma. Sono stato io a consigliarlo. Avevo già Curti nel ruolo. Il Livorno lo ha lasciato libero senza fargli l’addestramento tecnico. Arriverà sicuramente a grandi livelli, era con me ad allenarsi poi è andato al Parma e lo sto seguendo. E’ sempre il migliore in campo. Me lo sono fatto scappare, poteva diventare di proprietà del Pontedera. Poi un altro giovane è Morelli del 1996, ma è rimasto nella rosa del Livorno e ha già esordito in B”.