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Un anno e mezzo di pausa evidentemente poteva bastare per Gianluca Atzori. Così, in estate, l’ex allenatore di Catania, Reggina e Sampdoria ha ceduto al corteggiamento della neopromossa Robur Siena, scendendo così di categoria. Siena città di Palio come d’altra parte è Ferrara, altra città in cui Atzori avrebbe potuto soffermarsi per ridare slancio alla sua carriera. Non è un mistero che a dicembre 2014, dopo l’esonero di Brevi, vi fu un contatto per la panchina della SPAL, ma non se ne fece nulla per motivi di ordine economico. L’ex difensore nativo di Collepardo (Frosinone) tuttavia ha continuato a frequentare la città estense, visto che nella Berretti allenata da Max Varricchio ha giocato fino allo scorso maggio il figlio Alessio, attualmente in prestito al Ravenna.

Il suo Siena ha giocatori di grande esperienza come Portanova e Bonazzoli e giovani interessanti (Montipò, Bastoni, Celiento), è ancora imbattuto (una vittoria e cinque pareggi), segna poco, ma ha la migliore difesa del girone con la SPAL (solo due reti al passivo).

Mister, dopo un anno e mezzo di inattività, ricomincia dalla Lega Pro, in una piazza dal passato recente nella massima serie, ma che è ripartita da zero. E’ lei il tecnico della ricostruzione?
“Intanto mai avrei pensato di restare a casa per un anno e mezzo, lo dico onestamente. Avevo già firmato a Perugia, la storia la sapete tutti (nel febbraio 2015 era stato contattato dal Perugia in B per sostituire il tecnico Andrea Camplone), ormai è acqua passata. Penso che Siena sia un’opportunità per me. Riparto dal basso, senza voler aspettare un altro anno considerando che, quest’estate, le panchine di B erano quasi tutte occupate. Ho detto: ‘Mi si offre l’opportunità di andare a lavorare in una piazza importante, tosta, dove ci sono aspirazioni’. Naturalmente questa è la storia di Siena. Oggi la realtà è quella di una società nata l’anno scorso che sta ricominciando. Non abbiamo un centro sportivo, ci sono mille difficoltà durante la settimana per quel che concerne la preparazione della partita. Però è una società giovane, che sta crescendo giorno dopo giorno, con un presidente serio e che vuole fare le cose per bene. Credo sia giusto ripartire dove ci sono persone con idee molto chiare. In due anni vogliamo provare a ritornare in serie B. Quest’anno sarà un anno di assestamento per gettare le basi”.

Programma triennale come è stato per la SPAL dopo l’arrivo dei Colombarini?
“Credo che la SPAL sia l’esempio lampante di come una società debba programmare. La SPAL ha avuto un piano per i tre anni di Lega Pro. Nel primo si è salvata, nel secondo ha ottenuto un quarto posto e quest’anno sta giustamente provando a fare un campionato di vertice. Ha tutto per farlo: società seria, ottima squadra, centro sportivo, tifo e passione. Tutti quegli elementi che servono per vincere il campionato. C’è tutto a Ferrara. Ma è frutto della programmazione: il merito va sicuramente al direttore Davide Vagnati e alla società. Si sono mossi sapendo che prima o poi c’avrebbero provato. Questo avvio è il risultato di chi ha prima ingoiato qualche boccone amaro, per poi essere pronto a raccogliere soddisfazioni”.

Ritornando al suo Siena, la rosa ha elementi importanti e di categoria superiore come i vari Bonazzoli e Portanova. C’è chi vi vede in lotta per i playoff in un campionato equilibrato con poche squadre attrezzate.
“Ah tu sei riuscito a vederlo tutto? (chiede ironico, ndr). Io non ci sono riuscito. Ho visto solo le prime sei giornate quindi avrai sicuramente più esperienza di me. Mantengo ancora i piedi per terra e quando mi accorgerò del valore di tutte le squadre potrò sbilanciarmi. Non ci riesco prima. Il campionato di Lega Pro fortunatamente per me non l’ho mai fatto (a Ravenna era nella vecchia serie C, ndr) e quindi non conosco il valore delle altre squadre, ma solo quelli della mia. Le società che hanno speso di più sono Pisa e SPAL. C’è la possibilità di inserirsi in zona playoff per tante, ad esempio la Pistoiese. Però prima di esprimermi ho bisogno di vedere il livello che c’è. Qualcuno vorrebbe parlare prima senza conoscere la categoria: è troppo facile. Potrebbe dire delle stupidaggini. Non faccio lo stesso errore e mi esprimerò dopo aver visto le diciassette squadre. L’obiettivo del Siena è quello di far un buon campionato, cercare di arrivare tra le prime sette-otto squadre. Quando si parla di assestamento mi riferisco a questo tipo di classifica. Poi è normale che l’appetito vien mangiando. Se riuscissimo a fare il miracolo di centrare i playoff sarebbe un sogno e non ci tireremo indietro”.

Il Siena unisce gioventù ed esperienza e per il momento in fase difensiva sta dando ottimi segnali. Siete imbattuti, ma nonostante i vari Bonazzoli e Mendicino avete difficoltà in attacco, pur provando moduli diversi. Accetterebbe qualche rischio in più dietro in cambio dei gol dei suoi attaccanti?
“Moduli diversi? Pensa che il modulo è dall’inizio il 352. Portanova e Bonazzoli, tornando al discorso di prima, non sono in una categoria che sta loro ‘stretta’. Forse quattro-cinque anni fa. L’età avanza, hanno la passione. Parola bellissima. La voglia di stare in campo, di giocare a calcio. Che sia Lega Pro, serie B, serie A, loro sono contenti ed entusiasti, te lo garantisco: sembrano ragazzini. Però hanno 37-38 anni e quindi so che devo gestirli durante la settimana. Questo è fuori dubbio. Poi abbiamo giovani interessanti come Montipò che ha vinto il campionato Berretti a Novara l’anno scorso e Bastoni, entrambi 1996, poi Celiento e altri. Per quel che riguarda la solidità difensiva e i pochi gol segnati, stiamo cercando di trovare un equilibrio. Guardiamo alle ultime due gare: in quella vinta per 2-0 con il Rimini abbiamo creato tante occasioni e non subito gol, mentre contro il Santarcangelo è finita 1 a 1, ma abbiamo avuto altre quattro-cinque palle gol. Non mi preoccupo: le occasioni le creiamo, adesso piano piano riusciremo anche a concretizzarle. Sarei preoccupato se non creassimo nulla. Abbiamo un parco attaccanti buono per la categoria, è questione di tempo”.

Parco attaccanti che potrebbe essere arricchito dal ritorno della ‘Vipera’ Mastronunzio dopo la squalifica nella vicenda del calcioscommesse. L’ambiente cosa ne pensa?
“Mastronunzio non ha ancora firmato: è in prova e sta a me decidere. C’è da valutare se le sue caratteristiche si integrano con quelle degli attaccanti in rosa. Devo capire in questo periodo di prova come e dove poterlo utilizzarlo. L’ambiente conosce il giocatore Mastronunzio: in passato ha fatto le fortune di questa squadra, anche se con l’altra società. Se gli altri vedranno il massimo impegno del ragazzo, la disponibilità a combattere in campo per la maglia, penso non ci saranno problemi”.

A proposito di ambiente. Lei conosce bene quello della SPAL. Ha frequentato spesso il “Villani” di Masi Torello per assistere alle partite di suo figlio Alessio con la Berretti, oggi in prestito a Ravenna. Da genitore e da tecnico cosa pensa del settore giovanile biancazzurro? Come è maturata l’idea del prestito al Ravenna, in una piazza dove lei da capitano e da tecnico ha lasciato un’eredità pesante?
“Ho potuto notare che da parte della società c’è la volontà di migliorarlo. Ho seguito mio figlio per tre anni, dalla Giacomense alla SPAL, sempre con la stessa dirigenza e devo dire che nell’ultimo anno il lavoro fatto in precedenza si è visto, perché almeno la Berretti è andata a fare i playoff uscendo molto dignitosamente contro la Cremonese. Le basi per poter migliorare ci sono. L’importante è che la SPAL investa e continui ad investire sul settore giovanile. Credo che oggi una società debba tenersi in piedi con i giovani che ha fatto crescere e che ha nel territorio. Per quel che riguarda Alessio: con il direttore Vagnati ci siamo sentiti e confrtontati sull’opportunità migliore, consapevoli del fatto che il Ravenna in serie D è una piazza molto ambita e esigente. Abbiamo calcolato che in quella piazza, suo padre è stato giocatore, capitano e poi addirittura allenatore lasciando un buonissimo ricordo e godendo di grande considerazione. Alessio ha un carattere molto forte e questa etichetta del ‘figlio di Atzori’ se l’è portata sempre dietro. Per lui è uno stimolo. Se lo vedi tignoso e aggressivo in campo è perché gli ha dato sempre fastidio che qualcuno potesse pensare che stesse là per merito mio. Invece io non ho mosso una foglia per lui. Ha semplicemente fatto parlare il campo. La soddisfazione più bella me l’ha data il giorno in cui ha debuttato con la SPAL in Coppa Italia contro il Venezia (con gol, ndr). Un premio per lui che ne ha ingoiate tante. Caratterialmente è molto forte e non sente più la pressione. E’ cresciuto e prima forse la sentiva questa pressione. Oggi è convinto dei propri mezzi. Fa il terzino destro, gli ho detto che deve crescere in fase difensiva e lui si sta applicando. L’umiltà fa parte della nostra famiglia, il papà gli ha insegnato questo. L’unica cosa che mi dà fastidio sono i ‘fenomeni’ come li chiamo io. Quelli che hanno le scuse e gli alibi pronti: ‘Sono un terzino destro e non gioco nel mio ruolo’, ‘sono sinistro e gioco in mezzo’, ‘è colpa dell’allenatore’. Sono alibi che chi ha fame e vuole arrivare non deve avere. Quando Alessio prova a lamentarsi lo blocco subito. Come tutti i ragazzi cerca la strada più facile: l’alibi, e allora faccio in modo che lui non si attacchi. Ci vuole cultura del sacrificio e del lavoro. Il sogno che ha lui è grande e allora quando i sogni sono così grandi bisogna lavorare tanto”.