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Una trasferta così, come quella di San Siro, è impossibile da dimenticare in poche ore. Una giornata come quella milanese, se anche fosse venuto giù il diluvio universale, non la si mette in archivio riducendo il tutto ad un risultato calcistico, tra l’altro non particolarmente generoso nei confronti della SPAL. L’Inter ha vinto, 2-0, hanno vinto il VAR, i singoli, Icardi e Perisic, i tre punti sono finiti nelle tasche dei nerazzurri che così sono volati in cima alla classifica di Serie A insieme alla Juventus, e forse nemmeno noi ci rendiamo ancora bene conto di cosa stiamo parlando. Senza nulla togliere a squadre come Tuttocuoio, Arezzo e Pontedera, sembra passata una vita dagli anni della Lega Pro, quasi non c’eravamo neanche abituati a Diletta Leotta e al suo salotto dedicato alla Serie B, ma è giusto che tutti entrino il più in fretta possibile nell’ottica che d’ora in avanti gli avversari della SPAL saranno Dybala e Higuain, Kalinic e Belotti, Dzeko e Immobile, almeno quanto ha fatto in fretta la SPAL ad adattarsi alla nuova categoria.

Per mantenerla, obiettivo dichiarato della società. Ci mancherebbe altro, servono punti, non prestazioni. Poi che con le prestazioni si arrivi anche ai punti è un altro discorso, e il ‘credo’ di Semplici in tal senso è sicuramente la direzione giusta da seguire perché i fatti sono sotto gli occhi di tutti, ma compiacersi davanti ai complimenti può essere controproducente. Lo stesso Semplici non l’ha mai fatto e se un po’ lo conosciamo, mai lo farà. E’ vero, la SPAL ha messo in difficoltà un’Inter che ha risolto la pratica come solo le grandi squadre sanno fare: soffrendo il giusto e colpendo l’avversario grazie ad un paio di giocate dei suoi fuoriclasse. Episodi, ma alla fine della giornata l’amaro in bocca per non aver afferrato un risultato che sarebbe stato meritato non può essere spazzato via dai tanti consensi ricevuti. E dire “Sì, ma giocavamo contro l’Inter, l’abbiamo messa in difficoltà anche se abbiamo perso” somiglia ad un alibi dalla scarsa consistenza.

Lo sappiamo bene che il campionato della SPAL non passa per San Siro o per l’Allianz Stadium, quanto più per lo Scida o il Vigorito, dando per scontato che il Mazza dovrà diventare un fortino difficile da espugnare. Ma se identità, personalità e sfrontatezza messe in campo contro l’Inter sono le stesse di sempre, quindi un mix assodato e vincente, non dev’essere l’assenza prolungata da palcoscenici prestigiosi e il romanticismo calcistico ad alterare quella che è la realtà. La SPAL ha grandi potenzialità, perché accontentarsi?
Di certezze ce ne sono tante. Una su tutte che Meret avrà vita dura quando tornerà a disposizione, perché Gomis sta ampiamente dimostrando di essere arrivato in Serie A con colpevole (di chi non si sa) ritardo. Con lui, l’altro gioiello del reparto arretrato è Vicari, a Milano pressoché perfetto nel duello con Icardi, macchia del rigore a parte (ma al suo posto cos’avreste fatto?). E poi Lazzari, Mora, Schiattarella, tutta gente che i grandi stadi li ha visti solamente in tv fino al 20 agosto, eccezion fatta per il centrocampista napoletano, che comunque non può essere definito un habitué di quelle zone. In attesa che si sblocchi Antenucci. Insomma, se tengono botta le fondamenta della squadra il resto vien da sé, perché la campagna acquisti messa in piedi dal ds Vagnati ha portato a Ferrara nomi di tutto rispetto, alcuni addirittura sorprendenti, Borriello e Paloschi su tutti.

Paloschi, appunto. Alzi la mano chi non lo ha messo in disparte dopo l’improvviso arrivo di Borriello. Possono i tifosi di una neopromossa (seppur ambiziosa) mettere in discussione uno che finora ha segnato 50 gol in Serie A e che in dieci anni di carriera non è mai retrocesso? La risposta è facile: no. Va aspettato, non in eterno, ma sicuramente non crocefisso dopo appena tre partite solo perché “Borriello è più forte”. Le due punte di diamante di Semplici hanno caratteristiche tattiche simili, eppure sono quasi imparagonabili. E’ davvero presto per trarre conclusioni sul tipo di stagione che faranno.

Detto ciò, il percorso della SPAL intrapreso dall’arrivo a Ferrara di Semplici ad oggi è ampiamente consolidato e a San Siro abbiamo avuto ulteriori conferme del fatto che in A questa squadra ci può stare senza confinarsi nel delicato ruolo di comparsa. Ammettere i propri limiti è un pregio, sia chiaro, e a puntare al sole poi si rischia di bruciarsi le ali, ma non lasciamoci ingannare dagli attestati di stima che adesso provengono da ogni dove. L’importante non è partecipare e questo non vuol dire disperarsi per aver perso contro l’Inter, ma come banco di prova può essere già più che sufficiente per arrivare a capire che accontentarsi dei complimenti è un lusso che nessuno in casa SPAL vuole prendersi.