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Quando la SPAL sarà veramente grande /
noi della Ovest /
canteremo così /
Eh eh oooh, forza magica SPAL… /

Parole e musica della curva Ovest. Un coro vintage, della mia infanzia, che rimbomba possente tra le mura dello stadio più bello del mondo. Un derby non sentito ci richiama alla memoria i colori gialloblù del Modena, ma di fronte abbiamo i crociati parmensi.
Che poi io, da sempre, preferisco il grana al parmigiano. Ma de gustibus non est disputandum.

Sabato di campionato: ci troviamo di fronte a quella che una parte della tifoseria, quella meno calda e più collegata al risultato trasforma nell’ennesimo spartiacque tra la gioia e il baratro. Nubi fosche dove i diplomati a Coverciano sentenziano e pontificano.
Mi verrebbe un intercalare blasfemo, ma non posso. E’ possibile essere sempre così negativi ed autolesionisti? Vivetela, partecipate, fate il vostro poi potrete parlare anche degli altri. Come sempre entro con il sorriso sulle labbra, do il mio contributo alle ragazze adibite all’offertorio e mi affaccio sul prato e nella curva dei miei sogni. Gli amici mi aspettano come sempre: seggiolini nr. 82-83-84 fila centrale, alta, il loggione della geriatria mi accoglie tra le sue braccia. Canonica formazione a tridente Bia-Su-Ma: accantonati improbabili attacchi a due punte o peggio sparpagliamenti tra i seggiolini, senza agglomerato di suino in salsa di cipolla.

La curva, inizia a cantare, dona il sangue come sempre, l’AVIS sarebbe felice di noi. In campo uno squadrone monumentale, mette alle corde i poveri parmigianini. In campo c’è solo una squadra, la mia. Non c’è storia, non c’è partita. Undici leoni , sostenuti da quattromila felini della savana. Quando si instaura questa alchimia rimangono le briciole per gli avversari. Guardateci, voi che seguite il calcio in tv, e imparate cosa significa partecipare, esserci, avere la gola in fiamme, per quelle righe sottili, che ci fanno impazzire da sempre. Nessun riferimento a sostanze illegali, ci mancherebbe.
Segna Petagnone, il Mazza esplode, si rizza il campanile di San Giorgio, coroniamo un’azione da favola: Kurtic, Strefezza, Andrea. Baciateci le terga e insegnate i fondamentali alle scuole calcio, qui da noi si gioca sul velluto, azzanniamo i garretti degli avversari, senza tralasciare la finezza del gesto atletico. Queste, ragazzi miei, sono partite che non vorresti finissero mai. Perché sul campo, in curva, ogni minuto che passa sono dieci anni di vita in meno. Strefezzino, gioia e dolore, cade in area nel secondo tempo e il solerte direttore di gara estrae per la seconda volta il cartellino giallo. Rosso, maremma impestata. Manca ancora un’era geologica. Canto, urlo e sbraito, batto le mani… con una mano sola, l’altra si attanaglia ai gioielli, ad ogni loro azione d’attacco. Canto, canto e canto e il tempo non passa, giochiamo in dieci ma teniamo il campo che è una meraviglia. Leo in panchina vorrebbe indossare le scarpette per tranciare gli attacchi ospiti sul nascere.

E poi, la curva, la grada, lo stadio: che roba, non siamo in inferiorità numerica, siamo sempre undici contro undici, perché in tanti, forse tutti, ci mettono del loro per sostenere i ragazzi. Io sono in campo, sgomito, entro, calcio, pogo, prendo a spallate chiunque non abbia i miei colori. Sarei in grado di azzannare un cancello, dalla parte delle inferriate. Le gambe sono di legno, ho i crampi. Sudo come una nutria, ma ci sono.
Guardo giù in basso e riprendo forza. Intorno a me tanta gente, che vuole trascinare i ragazzi, la voglia di resistere. Ora e sempre, resistenza.
S: “Perché dobbiamo sempre soffrire così? Dobbiamo chiedere la pensione alla società”.
M: “Perché siamo spallini ed è bellissimo. La pensione di vecchiaia dovrebbero darcela comunque: ogni anno di SPAL è come avere lavorato con l’amianto, dovrebbe essere conteggiato uno e mezzo”.

Dice: ma perché non giochiamo sempre così? Semplice, perché altrimenti saremmo quarti in classifica. Se la SPAL giocasse come nel primo tempo con l’Atalanta, come nel secondo con la Lazio e come tutta la partita con il Parma, arriverebbe a fine campionato tra le prima sette o otto squadre. No, non sto dicendo cazzate: analizzate le partite che vi ho elencato e poi mi saprete dire. Di squadre così, in Italia, ce ne sono poche. Poi non è possibile che le partite ci escano tutte così. L’omino in giallo, fischia tre volte. Sono devastato, mai durante la mia infima carriera di calciatore, mi è capitato di uscire dal campo con le gambe messe in queste condizioni, ma sugli spalti mi capita sempre.

Due sole piccole citazioni. La prima: il Mister. Detrattori, sciacquatevi la bocca. Qui c’è un fuoriclasse, un uomo sopra le linee, un nocchiero che di calcio capisce come pochi. Duecento partite sulla nostra panchina, ottantotto vittorie, due primi posti, una coppa, due salvezze in serie A. Tanti scalpi eccellenti, la grinta di ieri, l’emozione quando ragazzi che sono la storia della Ovest gli hanno regalato una felpa celebrativa. Ora e sempre uno di noi, ora e sempre con noi: Leonardo Semplici, Ferrara ti ama.
La seconda: i ragazzi in campo. Partite così ci dimostrano che noi non abbiamo paura di nessuno, noi siamo la SPAL. Vorrei fare un nome, uno solo, senza peraltro dimenticare tutti gli altri. Valdifiori: un giocatore ritrovato. Corsa, gamba, grinta, visione di gioco, crampi, come i miei. Ah, quasi dimenticavo, un ragazzo all’uscita mi ha detto di essere in attesa dei voti al pubblico. Bene, questi sono. Curva Ovest bassa: 10; Curva Ovest alta: 9,5; Grada lato ovest: 9+; Tutto lo stadio: 9. Bene ragazzi miei, così si va davvero lontano, siate orgogliosi di essere spallini, perché fortune così riempiono una vita.
Forza vecchio cuore biancazzurro.