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A distanza di pochi giorni da quella che è stata una sorta di festa dell’orgoglio spallino in curva Ovest, sulla parte più rilevante del tifo organizzato ferrarese è piovuta una serie di diffide pesantissime che rischiano di cambiare il volto alla scena ultras biancazzurra. Altri 11 componenti della Ovest sono stati sottoposti a provvedimenti di Daspo (Divieto di assistere a manifestazioni sportive) di diversa durata, in alcuni casi fino a cinque anni, riaprendo così un tema tanto scivoloso quanto determinante per l’ambiente che circonda la SPAL.

Questo nuovo giro di diffide affonda le sue radici nelle vicende che hanno fatto da contorno a SPAL-Parma del 5 ottobre 2019, giorno nel quale un gruppo non proprio sparuto di tifosi crociati ha rischiato di venire a contatto con quelli di casa. La storia è stata riassunta così da Paolo Buttini, del collettivo LAPS, in un post pubblico dello scorso 24 febbraio su Facebook:

Una cinquantina di tifosi parmensi vengono in trasferta con pulmini e mezzi propri, in qualche modo elidono i controlli stradali, parcheggiano al riparo da occhi indiscreti e si muovono liberamente per la città. Il servizio di sicurezza se li perde. D’altronde ci sta che cinquanta persone incappucciate che si muovono compatte e senza colori un paio di ore prima di un derby ti scappino, mi sembra normale. A volte si pretende davvero troppo dal servizio d’ordine, alacremente impegnato a sequestrare gli accendini ai pensionati della gradinata o controllare che alle 13 e un minuto gli esercizi non servano più il caffè con la sambuca. Fatto sta che lor signori ducali si spostano a piedi verso il settore ospiti, ma essendo piuttosto lontani finiscono con l’attraversare una zona di transito per i tifosi spallini. E intendo anziani, donne, bambini eccetera, non gli ultras. Tutti con la loro bella sciarpetta, la bandierina, la maglietta, che giustamente non si preoccupano di nulla, perché sono a casa loro e soprattutto c’è chi li protegge. Beh, siccome invece non c’era un bel cazzo di nessuno a proteggerli, capita che un gruppo dei nostri decida di frapporsi tra il flusso della gente e i supporters crociati. Diciamo a scopo precauzionale. E lo diciamo con una certa decisione perché i fatti, CHE NON ESISTONO, non possono che confermare questo. Non è successo nulla, non c’è stato il benché minimo contatto. Qualche verso, forse. Ma forse. A quel punto, super tempestivo, arriva il servizio d’ordine. Che sventa la minaccia e conduce il gruppetto di parmensi nel loro settore. Tutto è bene quello che finisce bene, si dirà. Ecco, peccato che a seguito di questo episodio e del NULLA che ne è scaturito, siano partite una decina di notifiche di provvedimento ai danni dei tifosi della Spal presenti sul luogo. Per cosa, sarebbe la domanda che qualunque normodotato si porrebbe, dato che non è stato commesso nessun reato, di fatto. Non esistono denunce, danni, feriti, filmati, testimonianze, documenti… nulla di nulla. La risposta è…. Scusate ma faccio quasi fatica a scriverla… per ‘male intenzioni’“.

Il nodo della questione sta qui, il concetto di intenzioni, ampiamente sottolineato dall’ultimo comunicato della curva Ovest:

Ma che succede quando il reato non sussiste? Nella giurisdizione ordinaria ci sono i processi che lo accertano. C’è la tutela legale, ci sono le prove, esiste il contraddittorio. Nell’ambito della sicurezza negli stadi invece no. Chi è vittima di un errore giudiziario, anche clamoroso, non ha alcun tipo di tutela. Le ultime diffide per il pre-partita di S.P.A.L.-Parma si basano sul reato di ‘intenzione’. Reato non previsto dal nostro codice penale. Nessuna violazione, nessun fatto, nessun danno, nessuna prova. Tuttavia, undici condanne. Esecutive. Con pene che rasentano l’incredibile. In alcuni casi cinque anni di diffida con doppia firma, una limitazione della libertà personale paragonabile alla detenzione. Oltre alla totale impotenza di fronte a queste condanne ingiuste esiste una sproporzione della pena rispetto a qualunque altro tipo di reato che rasenta davvero il ridicolo. Il questore accusa, giudica e condanna, tutto da solo. Avvalendosi dell’impianto normativo sulla sicurezza in ambito sportivo, che lo legittima a fare ciò e lo tramuta in una specie di Faraone del 2020. Alla faccia di qualsiasi garanzia costituzionale, che per qualsiasi altro reato prevede invece fior di organi differenziati per ogni grado di giudizio, e un impianto processuale tra i più accurati del mondo“.

Il comunicato allude neanche troppo velatamente alle più recenti disposizioni emanate dal governo in materia di sicurezza applicata alle manifestazione sportive, contenute nel cosiddetto “Decreto sicurezza bis” dello scorso giugno 2019. Al suo interno è specificato come:

Il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei confronti di: a) coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza; b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all’estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a);

A fronte di questo, gli ultras della Ovest fanno notare l’ampiezza dell’ampio potere discrezionalità a disposizione delle autorità in circostanze di questo tipo: “Vogliamo basare il nostro messaggio sulla pericolosità di questo impianto sanzionatorio, estendibile in un futuro molto prossimo a qualunque altro aspetto della vita sociale di tutti noi. Non vogliamo sottrarci a nessun tipo di responsabilità. Il presupposto principale su cui fondiamo le nostre ragioni è che chi sbaglia è giusto che paghi. Provocatoriamente non pretendiamo di essere trattati meglio di assassini, stupratori, ladri o mafiosi. Ci andrebbe bene avere un grado di giudizio paritario rispetto a loro, poiché a tutt’oggi non è così. Non godiamo delle stesse garanzie, delle garanzie e della tutela giuridica che il nostro ordinamento prevede per qualunque individuo. E che un giorno potrebbe coinvolgere i nostri fratelli, i nostri figli, anche fuori dallo stadio. Nelle piazze, ad un concerto, ad una manifestazione di lavoratori. Non è una battaglia degli ultras, è una battaglia di ogni uomo libero. Umanità e uguaglianza, chiediamo questo. Pretendiamo questo e lotteremo per questo“.

Uno degli aspetti più grotteschi di provvedimenti di questo tipo è quello delle doppie firme che accompagnano alcuni casi di Daspo. Ancora una volta prendiamo in prestito le parole di Paolo Buttini e del suo post precedentemente menzionato per rendere l’idea di come funzioni:

Due firme. Prima e dopo la gara. In una sede prestabilita, sempre quella. Il che significa che ogni cazzo di volta che la squadra della tua città gioca una partita, amichevole o ufficiale che sia, tu devi restare nei pressi per andare a firmare. Non solo non puoi entrare allo stadio, ma non puoi andare neppure per i cazzi tuoi! Alla stregua di una reclusione! Per un crimine non commesso! Siamo alla follia più totale. C’è un modo per contrastare tutto questo? Non lo so, forse no. L’unico che mi viene in mente è parlarne. Discuterne. Fare in modo che la gente sappia e conosca tutte le dinamiche che ci gravitano attorno. Senza mai deresponsabilizzarsi, ammettendo tutte le colpe e le contraddizioni del nostro mondo, una per una. Ma anche puntando il faro su ciò che va oltre la disciplina e la legalità“.

Tuttavia la Ovest non intende abbassare la testa di fronte a quest’altro colpo durissimo: “Serviranno unione e compattezza. Dentro allo stadio e fuori. Seguite i nostri ragazzi, decimati da questi provvedimenti liberticidi indistinguibili dalle purghe, perché dovranno raddoppiare gli sforzi per far fronte a questa nuova situazione. E perché porteranno avanti una battaglia di tutti“.

Un concetto che lo stesso collettivo LAPS, di cui fa parte – tra gli altri – anche il nostro collaboratore Cristiano Mazzoni, evidenzia in un comunicato pubblicato nella giornata di mercoledì:

Sappiamo già da tempo che il Movimento Ultras è una sorta di laboratorio di repressione a cielo aperto, dove vengono sperimentate tutte le potenziali ‘tecniche’ di limitazione della libertà personale. La situazione è chiaramente sfuggita di mano. E la cosa più preoccupante è che nessuno, NESSUNO, tra i media generalisti o ‘istituzionali’, o le variegate realtà non-ultras in giro per la penisola, si fa carico di comunicare o anche solo di educatamente e civilmente contestare la incostituzionalità di questo tipo di provvedimenti, basati sulla PRESUNTA INTENZIONE, senza nessun tipo di possibilità di difesa o di contraddittorio, solo e semplicemente in mano a una sola figura, che a sua totale e personale discrezione, emette provvedimenti talmente soggettivi da fare sembrare Re Luigi XIV un libertino abituato a delegare. In un contesto dove il Potere Esecutivo sovrasta e annichilisce il Potere Giudiziario, vi è storicamente il rischio di una deriva discriminatoria e autoritaria, che mette seriamente a rischio la basilare libertà personale del cittadino, che sia Ultras o no, è ininfluente. E questo è ciò che sta accadendo. Ancora una volta ci ritroviamo a domandarci cosa succederà quando le maglie della repressione si stringeranno ulteriormente attorno ad altre realtà sociali. 
Sta già succedendo, e non solo al Movimento Ultras. Il cosiddetto DASPO di piazza è lì, ed incombe. E’ nostro dovere civile e morale non tacere, non abbassare la testa e non accettare in silenzio questa totale e reiterata ingiustizia fondata sul pregiudizio e sulla incostituzionalità“.