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Mentre in Italia le società e i calciatori sono nel pieno dello scontro sul taglio degli stipendi in tempo di pandemia, il dibattito sulle sorti della stagione 2019/2020 rimane vivo in tutta Europa. A reggere le sorti del calcio continentale è (anche) Aleksander Ceferin, presidente della Uefa, che nella scorsa settimana aveva preso una posizione tendente all’intransigente in merito alla possibile chiusura anticipata di alcuni campionati. Il suo pensiero è stato elaborato in maniera un pochino più articolata in una lunga intervista rilasciata al quotidiano sportivo sloveno Ekipa. Vale la pena estrapolarne qualche estratto.

Si tratta della sfida più grande mai affrontata dall’Uefa?
“Direi di sì, credo che un’emergenza di questo tipo non ci sia mai stata nei sessant’anni della sua esistenza”.

Come siete riusciti a gestire questa situazione e stabilire delle priorità? Quali sono le linee guida?
“Non ci poteva essere un piano di qualunque tipo, almeno non in partenza. Ed era impossibile lavorare anche su possibili schemi, visto che una situazione del genere non si è mai verificata. All’inizio ci siamo affidati all’istinto, incontrandoci con colleghi, esperti in differenti settori e quindi elaborato una visione per la gestione di questa emergenza. Siamo giunti presto alla conclusione che sarebbe stato necessario sacrificare l’Europeo in quest’anno per provare a risolvere il problema dei campionati nazionali e delle competizioni continentali. Ci siamo mossi per tempo, dando la priorità alle competizioni nazionali. E’ stato un sacrificio rinunciare temporaneamente all’Europeo, ma questo darà la possibilità ai club di avere il tempo di finire i rispettivi i campionati. Se ce la faremo sarà stato un grande successo”.

Siete stati determinati e forse anche duri su questo: avendo sacrificato l’Europeo in favore dei club vi sentite legittimati nel ribadire che solo la Uefa può autorizzare la chiusura anticipata di una competizione?
“Siamo preparati ai vari scenari che possono verificarsi nei singoli paesi da qui ai prossimi mesi. Ci rendiamo conto che soluzioni diversi potrebbero essere necessarie in base alle rispettive situazioni. Ma non tollereremo arbitrarietà. Non possiamo permettere a ciascuno di prendere delle decisioni senza essersi consultato, o aver anche solo parlato, con la Uefa. Non possiamo permettere che si dica che non si giocherà più, ma che al tempo stesso vengano decise quali squadre parteciperanno alle nostre coppe. Non si può fare in questo modo e l’abbiamo messo in chiaro. Ho parlato con la federazione belga, chiarito la nostra posizione e loro stessi si sono resi conto che hanno posto la questione nella maniera sbagliata. Quindi si confronteranno con la Uefa, spiegandoci le loro preoccupazioni e relativi problemi, e il comitato esecutivo prenderà una decisione. Solo questa può essere una procedura corretta, altrimenti non può funzionare. Non si può confidare in unità e solidarietà solo quando fanno comodo. Siamo sempre stati molto attenti alle esigenze di ciascuno e ci aspettiamo che in presenza di problemi ci sia un confronto. Non ho alcun interesse personale nello spingere per la conclusione dei campionati. Se non sarà possibile per ragioni oggettive, così sarà. Ma dobbiamo avere dei criteri di qualche tipo per ammettere le squadre nelle prossime competizioni europee. Sono consapevole che la situazione in alcuni paesi sia estremamente complessa e non ci sogniamo certo di mettere a rischio la salute delle persone. Però vogliamo avere un quadro chiaro della situazione ed evitare che certe decisioni vengano comunicati prima ai media che a noi”.

Quella nei confronti delle varie leghe da parte dell’Uefa è stata definita una minaccia.
“Ognuno la può chiamare come vuole. Io non userei quel termine per quel tipo di messaggio, ma anche mettendola così la sostanza dei fatti non cambia. E’ oggettivo che una lega non possa decidere arbitrariamente chi prenderà parte alle coppe europee. Ci sono dei criteri molto specifici e se la maggior parte delle leghe intende seguire quei criteri, non vedo perché dovremmo ammettere eccezioni. Questo può avvenire, e lo sottolineo, solo quando una lega ci sottoporrà i suoi problemi e allora avvieremo un processo decisionale appropriato”.

Un’altra accusa rivolta alla Uefa riguarda l’aspetto morale: si sostiene che la posizione dell’organizzazione sia basata sull’esclusiva protezione di interessi economici. Per esempio Massimo Cellino, presidente del Brescia, ha minacciato di non mandare più in campo la sua squadra.
“Credo siano voci minoritarie. Al di là di questo, la serie A non è una competizione Uefa e quindi non credo che Cellino parlasse di noi. Al di là di questo, non mi farò coinvolgere in polemiche di questo tipo. Voglio sottolineare che mai prenderemo decisioni che possano mettere a rischio delle persone. Ascolteremo tutti e prenderemo delle decisioni sulle basi delle indicazioni che riceveremo da ciascun paese. Ognuno ha uno scenario diversi e uno in particolare teme che le cose non possano sistemarsi prima di settembre. Se fosse così, chi saremmo noi per metterci di traverso? Non è assolutamente un’opzione. Solo quando il semaforo sarà verde in ciascun paese allora ci confronteremo con le federazioni e troveremo le soluzioni adeguate”.

Crede che serie A italiana e Liga spagnola possano giocare in estate?
“Sono un ottimista e quindi confido che si possano concludere entrambi questi campionati. Per forza di cose non posso avere certezze, né promettere alcunché. Dipenderà dalla situazione sanitaria in questi paesi: se ci saranno le condizioni di sicurezza per far sì che si giochi al calcio senza mettere a repentaglio la salute delle persone”.

Avete in mente qualche criterio in particolare per stabilire le classifiche dei campionati nel caso alcuni di questi non possano essere conclusi?
“No, per ora ci sono solo teorie. Ci stiamo comunque preparando per simili scenari, ma senza entrare nel dettaglio. Al momento siamo concentrati sulle soluzioni per far concludere regolarmente i campionati”.

La prospettiva di campionati conclusi a porte chiuse lascia pensare che la Uefa concepisca il calcio senza il pubblico dal vivo. Non teme che questo possa togliere al calcio una delle sue componenti fondamentali?
“Non credo che il calcio senza tifosi possa essere lo stesso. Ma al tempo stesso credo anche che gli stessi tifosi capiscano quanto sia particolare questa situazione e che appena sarà finita il calcio tornerà a essere quello che conoscevano. Inoltre sono convinto che la vasta maggioranza sia d’accordo con l’idea che sia meglio avere una stagione senza spettatori che non avere più una stagione. E non è solo una questione di diritti televisivi, che comunque hanno un’importanza primaria e non possono essere ignorati. Tra un’estate totalmente priva di calcio e una di calcio in televisione, credo che la maggioranza sceglierebbe la seconda opzione, anche se sarà difficile guardare delle partite con degli spalti vuoti. Ma in questi giorni complicati una partita potrebbe essere una via d’uscita. Penso che ne abbiamo tutti abbastanza di sentir parlare di questo virus per tutto il tempo”.

Quindi non teme che tanta gente potrebbe sentirsi offesa all’idea che per per le squadre la cosa più importante sia trasmettere delle partite in tv?
“A nessuno piace il calcio senza spettatori. Ma ai club servono i soldi per sopravvivere, è un dato di fatto. Dobbiamo fare in modo di riavviare il calcio e quindi anche questa soluzione sarà la benvenuta se ci permetterà di riavvicinarci alla normalità. Lo dimostra l’attenzione che sta ricevendo il campionato bielorusso (l’unico attivo in Europa, ndr). Il calcio manca a tanta gente e se troveremo il modo di ricominciare, anche a porte chiuse, sarà comunque meglio che rinunciarci completamente. Al tempo stesso credo che in Bielorussia ci si stia prendendo grossi rischi da un punto di vista sanitario. Il virus circola e continuare a giocare può essere pericoloso. Ma nella nostra posizione non possiamo interferire con la scelta della federazione che sta autorizzando la prosecuzione del proprio campionato”.