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Il calcio ripartirà. Non si sa bene quando, ma lo farà, e in qualche modo la stagione 2019/2020 verrà conclusa. Questa è la linea sulla quale si trovano le istituzioni calcistiche del nostro paese, dalla Figc in giù.

Lo conferma per l’ennesima volta il presidente federale Gabriele Gravina in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica: “Ho massimo rispetto per la scienza e per chi ha responsabilità di applicarla, ma non posso ammainare la bandiera. Lavoriamo sul come, non sul quando. Quando il Paese tornerà a vivere, quando ci saranno le condizioni per gli altri settori, tornerà anche il calcio. Il campionato va portato a termine, c’è tempo. Decideremo tutti insieme, responsabilmente. Respingo le accuse di chi vede nel calcio un mondo governato da interessi lontani dal contesto sociale del Paese. Al contrario, della nostra ripartenza beneficerebbe tutto il sistema. Penso allo sport di base, all’indotto e al valore sociale del nostro movimento. Uno stop definitivo darebbe inizio a una serie di contenziosi. Sul mio tavolo ci sono già le diffide di alcune società. E chi mi chiede di non ripartire non ha poi i dea di come risolvere queste criticità. La Fifa ha tracciato la via: non comincerà la nuova stagione senza aver concluso prima questa“.

Di date non se ne parla esplicitamente, ma per Gravina ci sono due scenari: “Andremo di pari passo con gli altri campionati europei. Se ci faranno giocare a inizio giugno abbiamo le date utili per terminare a fine luglio. A seguire le coppe. Se invece dovremo ripartire a settembre, chiuderemo questo campionato a novembre. Per tornare in campo a gennaio. Valutiamo diverse ipotesi per la formula. Una è organizzare le competizioni sull’anno solare, ma serve il coordinamento tra le federazioni. Altrimenti dovremo chiudere la stagione a maggio prima dell’Europeo. Il campionato 2021 potrebbe disputarsi in 5 mesi. Ci sono delle idee sul tavolo, ad esempio una formula con due o più gironi e poi play-off e play-out. Misure eccezionali, solo per una stagione“.

A quanto pare resta in piedi anche l’idea di un campionato ‘decentrato’, ad esempio nelle regioni del Sud, dove il virus ha creato meno problemi. Sempre Gravina sull’argomento: “Sarà difficile giocare a Bergamo, ma anche a Milano, Brescia o Cremona. Una campionato sotto il Rubicone, senza partite al nord, è una possibilità. Ma non credo si possano fare dei concentramenti in un’unica città. Non si possono giocare 10 partite sullo stesso campo in un weekend, servirebbero 20 centri d’allenamento“.

In questa settimana Figc e Lega puntano ad arrivare a una sintesi su possibili tempi e modalità della ripresa dei campionati, almeno quelli professionistici. Uno degli scenari ipotizzati, riportano oggi i quotidiani sportivi, è quello del ritiro permanente delle squadre: “Il centro d’allenamento – riferisce La Gazzetta dello Sport – sarebbe la casa dalla quale ricominciare. Partendo con esami specifici, allenamenti individuali o di piccoli gruppi con rispetto della distanza interpersonale. Azzeramento dei rapporti con l’esterno, quindi la soluzione non riguarderebbe solo i calciatori, ma tutto il gruppo-squadra: tecnici, medici, fisioterapisti, magazzinieri. Una settantina di persone per ogni club che nella prima fase vivrà praticamente assieme. La possibilità è che il ritiro si allunghi e comprenda anche la fase di ritorno alle partite“. Il problema, tra i tanti, è che tre quarti delle squadre sono sprovviste di foresterie nei propri centri d’allenamento (la SPAL è tra queste) e quindi andrebbero ricercate soluzioni alternative in grado di limitare al minimo i contatti con le persone. Trascurando ovviamente le ricadute di carattere psicologico, oltre che il tema etico del ricorso a migliaia di tamponi e test medici a beneficio degli sportivi, in un momento nel quale non è possibile somministrarli a persone coinvolte in prima persone nella gestione dell’emergenza.

Ovviamente del pubblico non si parla, se non nella sua accezione televisiva. Prendono sempre più corpo le ipotesi – collegate alla cosiddetta fase 2 dell’emergenza – di una riapertura degli stadi ai tifosi solo nel 2021. Con buona pace di chi vuole parlare di ritorno normalità.