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Forse è il caso di cambiare punto di vista. Ossia smettere di considerare abbordabili le (poche) partite rimaste con le squadre (apparentemente) in crisi e puntare esclusivamente alle imprese in stile Bergamo. Il cammino in questo campionato dice questo: se c’è un ricostituente quasi infallibile per formazioni assetate di punti, questo si chiama SPAL. Un rimedio corroborante per allenatori che arrancano. E’ la cifra di una stagione disgraziata, costellata di errori e sfortune assortite.

In principio fu il Milan convalescente d’ottobre. Con la cura Pioli che ancora doveva dare effetti significativi, arrivò il poco memorabile confronto di San Siro a interrompere un momento critico da 4 punti in 5 partite. La punizione vincente di Suso rianimò per qualche giorno una squadra che poi dovette attendere altre tre partite per vincere di nuovo. A breve la SPAL incontrerà un Milan apparentemente in salute: chissà che stavolta non si riesca a fare qualcosa di diverso.

Poi venne la Sampdoria a inizio novembre: fino al confronto in notturna del Paolo Mazza i blucerchiati avevano vinto la miseria di una partita e le prime tre uscite con Ranieri in panchina aveva riservato due punticini con Roma e Lecce. Il digiuno durava sei giornate. Il gol di Caprari nei minuti di recupero lo spezzò, facendo rifiatare i genovesi. Alle porte (5 luglio) c’è un nuovo confronto che vedrà la Samp inevitabilmente favorita. Vuoi mai che…

8 dicembre, SPAL-Brescia: invocazioni di madonne a raffica al Paolo Mazza, ma non per la festa dell’Immacolata. Gol di Balotelli, rigore fallito da Petagna: per le rondinelle chiusura di una striscia fatta di un pareggio e nove sconfitte (di cui sei consecutive), nel giorno del rientro (breve) di Corini in panchina. Da allora: un’altra vittoria (nella settimana successiva, contro il Lecce) e poi il buio totale che dura ancora oggi. Però c’è sempre lo scontro diretto di ritorno a Brescia per rifarsi.

Anno nuovo, solita storia: il 5 gennaio arriva un Hellas Verona ben piazzato in classifica, ma nel suo momento di minor brillantezza, con un rendimento recente di due pareggi e due sconfitte. SPAL puntualmente presa a pallate dagli uomini di Juric, grazie anche all’espulsione di Tomovic nel primo tempo. Lì i gialloblù aprirono una serie positiva chiusa solo l’8 marzo successivo.

Una settimana più tardi: un apprensivo Rocco Commisso occupa il suo posto d’onore in tribuna al “Franchi” di Firenze, con la speranza di assistere per la prima volta dal vivo a una vittoria della sua Fiorentina. Prima di quell’incontro i viola avevano accumulato una striscia di otto partite senza vittorie (3 pareggi, 5 sconfitte), tanto da essere stati costretti a rimpiazzare Montella con Iachini. Partita orrenda tra due squadre piene di problemi, risolta da una capocciata di Pezzella a poco meno di dieci minuti dal termine. Altra beffa, soprattutto se si ripensa allo scavetto di Valoti.

Dopo la straordinaria impresa di Bergamo (20 gennaio), pareva quasi che la SPAL potesse approfittare di un leggero appannamento – 2 pari, 1 sconfitta – di un Bologna fino a quel momento un po’ altalenante. D’altra parte il derby è una storia a sé. L’illusorio vantaggio di Petagna viene spento meno di un minuto più tardi, con mezzo stadio che si deve rimangiare il “chi non salta è bolognese” prontamente intonato. I gol nella ripresa di Barrow e Poli nello spazio di quattro minuti fanno il resto, lanciando Mihajlovic e la sua banda verso in una mini-striscia di tre vittorie di fila.

Si arriva quindi alla sfida col Cagliari con tre mesi di ritardo causa pandemia. Non che prima i sardi se la passassero benissimo: zero vittorie nel 2020, ultima il primo dicembre dell’anno precedente. In totale: 12 incontri senza fare i tre punti (4 pareggi, 8 sconfitte), compreso il recupero del 20 giugno sul campo dell’Hellas. SPAL ottimista, reduce da un’ormai impolverata vittoria col Parma al Tardini che aveva riacceso i propositi di salvezza. Zenga in panchina, squadra falcidiata da infortuni, squalifiche e paura di non farcela. Tutti ingredienti perfetti per l’energy drink SPAL. Il finale lo conosciamo, quasi c’era la sensazione di averlo già vissuto.