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Il direttore sportivo della SPAL Giorgio Zamuner è intervenuto come ospite sul canale Twitch di WeArena, partner della squadra biancazzurra, per parlare di disciplina, pratica e competizioni sportive a tutto tondo. Di seguito gli spunti più interessanti.

GIOVANILI E PRIMAVERA – “A Ferrara la tradizione del settore giovanile ha radici solide, ma con l’avvento della nuova dirigenza – e in particolare di Ruggero Ludergnani, responsabile del settore giovanile – c’è stato un salto di qualità. Sta andando alla grande e i risultati sono frutto di un lavoro che è iniziato ormai sette anni fa, con l’insediamento della famiglia Colombarini. Giusto così, perché il vivaio è fondamentale per una realtà come la SPAL: garantisce sia risultati sportivi sia flussi di cassa tramite le plusvalenze. I primi ragazzi si stanno già affacciando al professionismo, nel futuro l’obiettivo è quello di lanciarne altri“.

COSTI-BENEFICI – “Di questi tempi la moda è quella di fare acquisti all’estero, la globalizzazione è sfociata anche nel calcio: i giocatori costano di meno e non c’è bisogno di aspettare che crescano, si cerca un prodotto fatto e finito. Una maggiore regolamentazione a tutela dei giovani italiani non credo che guasterebbe. Ma bisogna cambiare anche modo di ragionare: i soldi messi in un settore giovanile non rappresentano un costo, ma un investimento a lungo termine. Serve pazienza per continuare a coltivare e godersi i frutti di quanto raccolto. Tutto ciò ovviamente comporta una spesa, non solo per i calciatori ma anche per le infrastrutture e gli istruttori. Al momento mi sembra che ci siano poche persone specializzate in panchina, ce ne sono di più tra gli osservatori. Un grande esempio è stato Mino Favini dell’Atalanta, che è sempre rimasto a Bergamo nonostante le tante proposte di squadre maggiori. Chi allena in generale lo fa per completare un percorso di gavetta, non vengono valorizzati quei profili che hanno una vera e propria vocazione“.

LA CONTINUITÀ – “La continuità serve soprattutto in termini di pensiero e di investimenti per creare una filosofia e una metodologia. Credo che così sia più facile lavorare e programmare un progetto pluriennale, anche a fronte di cambi di proprietà che nelle società medio-piccole possono cambiare. Se l’input rimane invariato e il personale è radicato diventa più facile fare un certo tipo di percorso. L’Atalanta già citata prima e l’Inter con Roberto Samaden sono due esempi importanti in questo senso, ma anche il Sassuolo sta facendo questo lavoro con Francesco Palmieri“.

L’AMBIENTE – “Ho avuto la fortuna di essere un calciatore della SPAL negli anni Novanta e posso dire che la città vive l’amore per la sua squadra in maniera spassionata, sembra quasi d’essere in Inghilterra perché c’è sostegno a prescindere. Gli ultimi tre anni di serie A ci hanno permesso di valorizzare ulteriormente una città bellissima e questo connubio crea il potenziale per lavorare serenamente. Ci sono ragazzi che nascono campioni e quindi possono essere buttati subito nella mischia in contesti molto più complicati e in cui c’è pressione, mentre a Ferrara si può lavorare tranquillamente nonostante il pubblico sia comunque esigente e numeroso. Le realtà a misura d’uomo credo possano giocare un ruolo fondamentale nella realizzazione del sogno di diventare un giocatore professionista. Non è per nulla detto che se fai le giovanili alla Juve, all’Inter o al Milan sei già sicuro di fare carriera, anzi“.

LA MATURAZIONE – “Faccio parte di una generazione completamente diversa che al calcio si è avvicinata col pallone tra i piedi già a due anni con una passione smisurata. Si andava al campo col sogno della serie A e della Nazionale. Oggi vedo un po’ troppa fretta di far diventare forte un ragazzo ancora troppo giovane. Fare un certo percorso con le squadre più importante può essere gratificante, ma al tempo stesso può creare aspettative e bisogna vedere se si riesce a superare il contraccolpo psicologico. Maturare nel contesto di un’ambiente familiare probabilmente consente di avere i tempi giusti, oltre che le giuste attenzioni“.

E-SPORTS – “Il mondo degli E-sports lo conosco poco, nonostante abbia due figli che appena hanno un attimo di tempo si dedicano ai videogiochi, soprattutto Fifa. Infatti conoscono i nomi di tutti i giocatori e ogni tanto mi sorprendono perché me ne citano alcuni che non sono così noti. Mi ritengo scarso in queste cose, però mi affascinano. La dinamica di certi videogiochi aiuta comunque a imparare determinate dinamiche che i giovani dei miei tempi non potevano avere. Noi giocavamo in mezzo alla strada, loro si studiano le caratteristiche dei giocatori e le posizioni di campo in cui potrebbero rendere meglio. C’è poi l’elemento sociale, perché i ragazzi si sfidano tra di loro. Poi quando vanno effettivamente sul campo a giocare a pallone possono emulare i campioni che hanno comandato nel videogioco. Cambiano gli strumenti, ma la passione per il gioco rimane quella“.

IL FUTURO DEL PALLONE – “Il calcio tra dieci o venti anni me lo immagino sempre come lo sport più bello del mondo, non passerà mai di moda. Quello della Superlega mi è  sembrato un progetto che manca di sentimento. Sono cresciuto come tifoso dell’Inter e pensare di giocare ogni settimana col Tottenham e rinunciare ai campanilismi col Milan o l’Atalanta sarebbe strano. Così come non è giusto privare le squadre meno ricche del sogno di poter entrare in certe competizioni. Per il futuro mi auguro si trovi il modo di raddrizzare un po’ il sistema dopo la botta della pandemia. Ovviamente il modello ha bisogno di un progresso: penso a stadi, strutture, contenimento dei costi. Con buonsenso e idee credo si possa riparare l’industria del calcio per renderla sostenibile nell’arco dei prossimi venti o trent’anni“.