Una sequela di bestemmie, strali dedicati a tutti gli dei dell’Olimpo, financo creative, al punto che mi arriva un Whatsapp: “Non ti sembra di esagerare?”. Firmato: l’Altissimo.
Dice: “Ma ièt dvantà màt?”. No, ma che avete capito… i ragazzi hanno fatto una partita sontuosa, mi stavo riferendo al mio prepartita. Cioè, esco dal fabbricone alle cinque come da prassi, me ne torno a casa in tutta tranquillità, una cinquina di minuti di ginnastica, un riposino sul divano, una piada e due sguazzi di Merlot e sono pronto. Faccio il controllo: portafoglio, felpa, sciarpa al polso, due aste. Ho tutto. E il biglietto? Quello me lo stavo dimenticando. Sono le 19.10 e salgo in macchina. Un po’ di coda, ma tutto bene, Virgin Radio mi accompagna, vedo i fari del Mazza da lontano e mi rilasso. Parcheggio al solito posto e mi accingo a fare gli stessi passi che faccio da 43 anni. Sopraggiunto di fianco al muro della fortezza mi tocco le tasche e non ho il telefono. E lì comincia il profluvio di bestemmie che durerà un oretta. Corro, (che poi è una parola grossa), in questo assomiglio molto a Rivera, come diceva il buon Gianni Brera, sono il trapassato remoto del verbo correre. Insomma entro che la curva è già bella calda e mancano dieci minuti all’inizio della partita. Mulino il mio due aste e sono già pronto. Quando lo speaker snocciola la formazione devo guardare il monitor perché i nomi non sono il mio forte. Ed ora che sono cresciuto, fortissimo batte il mio cuor (cit.).
La curva canta, siamo in serata, Mario Pep fa giocare i ragazzi che è una meraviglia, un po’ contratti nel primo tempo, i degustatori di felini sono pochi e relegati in un angolo, era meglio quell’altro calcio. Quando, come dice un amico mio avvocato, i biglietti si facevano ai due botteghini fuori dalla curva e l’ingresso delle squadre in campo era salutato dai fumi dell’inferno e magari segnava pure Messersì. Ma ci dobbiamo accontentare. In campo turbini e tempeste, la manovra è fluida e Dembino la mette. Un gol gustoso, come un coniglio (senza baffi) in salmì. Poi al primo tiro del Lanerossi, senza maglia a righe, una scarabuzlona e pareggiano. Intervallo reidratante, un saluto agli amici giù al baretto e si ricomincia sotto alla Ovest. Meglio di prima.
Passettini, passettini, passettini e Federico pennella alla Tivelli a piede invertito. Gran gol, la curva esplode. Ma il campo pende verso la porta avversaria. Tambureggiamo in avanti. Quando utilizzo sti termini mi sento giornalista, ma poi mi passa. Ed ecco che il tenentino (Colombo), sradica la palla a tre difensori avversari, cinque falcate verso l’area, alza la testa, punta il tacheometro, calcia d’interno, palla nell’angolo basso nel tripudio generale. Che figata ragazzi segnare sotto la Ovest! Segnatevelo nel curriculum e conservatelo nel libro della memoria per raccontarlo ai nipotini, davanti ad un caminetto artificiale nelle stanze dell’Arcadia, fra molti anni a venire, nella fantascienza di un futuro indeterminabile. A fine gara loro ci fanno pure un altro golletto, ma la filosofia di Mario Pep è questa, segnarne uno in più degli avversari, chiunque essi siano.
Poi ve lo devo dire, pure in un clima diverso vincere contro la Mangiagattese è sempre un gran gusto. Banale vincere contro la Juventus, strapazzare Roma e Lazio, annichilire l’Atalanta, prendere punti da Inter, Milan e Napoli. La provincia è il nostro ambiente, poi sì, sognare non guasta. Domenica i più fortunati saranno al Libero Liberati. Ci sono stato anche io, ora l’occasione non mi sovviene. Credo fosse stata quella volta che il cielo si ammantò dei nostri colori, la follia divenne vita, dove il mondo cambiò, per un istante o un secolo, un vecchio stadio che celebrò una signora elegante del calcio italiano. Un acronimo latino, che dopo mezzo secolo ritornava la dove il Commendatore ci aveva lasciato. Ora mi sfugge, ma credo proprio di esserci stato anche io quel giorno al Libero Liberati. Forza vecchio cuore biancazzurro.