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Aspettando Pepito. Per chi vuole credere alle coincidenze la conferenza stampa di presentazione di Giuseppe Rossi è iniziata con 22 minuti di ritardo. 22 era anche il numero che portava sulla maglia al Villarreal, squadra con la quale dieci anni fa arrivò a segnare addirittura 32 gol in una singola stagione (2010/2011).

Oggi la SPAL aspetta soprattutto di vedere se è rimasto qualche utile bagliore di talento allo sfortunato campione dalle ginocchia malandate. La faccia, al netto di qualche capello grigio sulle tempie, è ancora quella del ragazzino che esordì nel 2004 con il Manchester United, nonostante i 35 anni da compiere il primo febbraio del 2022.

Rossi, da parte sua, garantisce che né si sente vecchio, né gli è mai passato per la testa d’essere un ex giocatore eccessivamente testardo: “Il calcio è la mia vita, vivo per questo. In tutto il tempo in cui sono rimasto senza squadra il mio pensiero era rivolto al ritorno in campo, ogni allenamento fatto da solo o con altri non ha fatto che aumentare la voglia di tornare a giocare. Al piano B non ci ho mai pensato, né ci penso oggi. Ho anche paura di pensarci perché amo troppo questo sport, la pressione che crea, l’atmosfera che c’è attorno. Ho perso troppi anni a causa degli infortuni e quindi non ho mai pensato al dopo. Mi sono dato alla tv: è stato bello, ma non sono bravo. Ho un ristorante, ma anche lì sono bravo solo a mangiare, mentre per la gestione ho la fortuna di avere lo zio che ci pensa. Sono un calciatore, ho 34 anni, non mi sento vecchio e sono pronto a dare tutto il possibile“.

Il resto della presentazione è fatto in parte del classico rosario di considerazioni un po’ preconfezionate e in parte della dimostrazione impeccabile delle doti di assertività, tenacia e carisma dell’ex centravanti della nazionale italiana. “Joe (Tacopina) ha capito bene chi sono – ha spiegato Rossi – e lo considero una persona speciale. Dopo tanti anni di conoscenza siamo finalmente riusciti a stare nella stessa squadra. Sono stato accolto benissimo da tutti e credo proprio d’aver la scelta giusta. Per me è bellissimo poter tornare in campo e allenarsi col gruppo. Sto ritrovando movimenti, distanze e tutto ciò che un giocatore deve sentire in campo. Non credo di dover dimostrare qualcosa in particolare dopo tutto quello che ho fatto in carriera. Piuttosto sono io a dire a me stesso: ‘È una nuova sfida, rifacciamolo’“.

Lo scetticismo e le aspettative non sembrano toccare particolarmente il giocatore: “Non ho letto niente di quello che è stato scritto su di me, quindi non so di che cosa si parli. Però è normale che ci siano certi commenti. Non mi interessano. Quello che conta per me è il lavoro fatto in queste tre settimane con la squadra e tutto quello che c’è da ancora da fare. Sto facendo progressi importanti, gli allenamenti di Clotet sono molto intensi e mi fanno bene. Con il mister ci siamo sentiti prima del mio arrivo e lo ritengo una persona in gamba, che capisce benissimo il gioco e sa ciò che serve durante le partite e gli allenamenti. Crediamo in lui come lui crede in noi ed è un aspetto molto importante. Non credo che il mio arrivo comporti delle aspettative in più per la squadra perché sono umile, sono arrivato per imparare e sto cercando di fare parte del gruppo. Non importa quello che c’è stato alle spalle. Tutto quello non vale. Mi sono messo a disposizione, i ragazzi sono stati bravissimi con me e mi sono ambientato alla grande. Personalmente ragiono giorno per giorno: ho tante cose da fare da qui al 30 giugno 2022. Oggi il mio pensiero è all’allenamento di domani e poi andrà alla partita di Cosenza perché sarà difficile”.

Ovviamente l’interrogativo principale riguarda la condizione fisica di Rossi e la sua effettiva capacità di dare un contributo concreto per gli obiettivi stagionali della SPAL: “Ogni giorno mi sento meglio, ma non voglio dare percentuali perché non le so. Mi sono sentito bene nei venti minuti di sabato. Non giocavo da un anno ed era difficile rientrare con tanti minuti nelle gambe. Il gioco però non si scorda mai. Sono fortunato d’avere questo talento e mi aiuterà a trovare il ritmo per dare una grande mano alla squadra. Il ruolo non è un problema, deciderà il mister. Che sia da nove, da dieci o da nove e mezzo mi basta essere in campo e dare il meglio per la squadra. Quella è la mia mentalità“.

Rossi ha anche sottolineato di aver ricevuto altre proposte nell’ultimo anno di inattività, ma di aver sempre avuto come priorità principale il ritorno in Italia: “Il mio pensiero era quello. Perché l’Italia è la mia seconda casa, sono cresciuto qui da calciatore e da uomo. Sono arrivato a Parma che avevo appena dodici anni. L’Italia è sempre stata la cosa giusta per me. C’erano altre offerte, ma ero sicuro di venire qui e sono contento di aver scelto la SPAL. Ferrara peraltro è bellissima, la conoscevo poco. C’ero venuto quando giocavo nelle giovanili del Parma, ma non avevo mai avuto occasione di visitarla. Il centro storico è stupendo e si mangia molto bene, anche se non ho ancora avuto modo di assaggiare i cappellacci perché sono ancora a dieta. Qui si sente immediatamente una passione enorme, sono già stato fermato tante volte per strada per delle foto e due chiacchiere ed è una bellissima sensazione“.

Non poteva mancare un pensiero sulla nazionale, visto che Rossi ha vestito la maglia azzurra 30 volte tra il 2008 e il 2014, segnando 7 gol. Tralasciando peraltro che il nomignolo “Pepito” gli è stato attribuito nientemeno che da Enzo Bearzot. “Ragazzi abbiamo vinto un Europeo sei mesi fa…. Gli attaccanti ci sono. Ciro Immobile ha fatto 160 gol con la Lazio, c’è Belotti che è forte. Non è un problema di attaccanti. La cosa più importante è vincere, a prescindere da come si gioca. L’abbiamo fatto 6 mesi fa e sono sicuro che a marzo lo faremo di nuovo“.

Nel caso Mancini lo volesse prima chiami me“, ha aggiunto Tacopina con un sorriso. Magari è presto per fare questo genere di pensieri, ma non mettiamo limiti alla provvidenza che tanto è gratis.

 

[foto Rubin]