È un Daniele De Rossi più scuro in volti del solito, dopo la prima sconfitta della sua gestione, ma sempre molto lucido nell’analizzare a caldo la gara dei suoi davanti a microfoni di Sky Sport.
EPISODI – “Gli episodi condizionano sempre le partite, quindi non possiamo attaccarci a questo. È vero che fino all’espulsione eravamo in vantaggio, ma non abbiamo fatto una buona partita. Non meritavamo di vincerla, anche se in undici contro undici probabilmente non l’avremmo persa. Forse è stata la peggiore da quando sono arrivato io. Avevamo davanti un avversario di livello, ma noi dobbiamo fare un altro tipo di calcio. Dopo il gol è stato come se ci fossimo spenti, se ci fosse capitato qualcosa di brutto. Dobbiamo continuare a allenarci su certi criteri e riuscire a riportare in campo prestazioni come quella di Terni”.
EX COMPAGNI – “Con Fabio (Cannavaro) siamo amici. Poi ognuno tira l’acqua al suo mulino protestando con l’arbitro per avere qualcosa in più. Eravamo anche d’accordo sul fatto che la conduzione arbitrale di oggi non ci era piaciuta molto”.
STRATEGIA – “Abbassarsi dopo il gol del vantaggio non è stata una scelta voluta, anzi il contrario. Se una cosa ti riesce al minuto nove, perché non dovrebbe riuscirti dopo? Ne avevamo già parlato tantissimo coi ragazzi perché col Sudtirol avevamo fatto un errore simile, dopo aver segnato dopo tre minuti. In quel caso non gli avevamo lasciato il possesso, ma sicuramente più inerzia. Oggi abbiamo fatto lo stesso. La differenza, a parte l’espulsione, è che il Benevento ha tanti giocatori di qualità e se ti schiacci troppo le occasioni le subisci”.
SOSTA – “Un conto è fare gol a dieci minuti dalla fine quando sei stanco, quindi abbassarsi può essere normale. Noi abbiamo segnato dopo tre minuti col Sudtirol e oggi dopo nove e per ottanta minuti non puoi concedere campo all’avversario, quindi lavoreremo su questo e sull’umore perché non voglio che i ragazzi perdano l’entusiasmo che hanno avuto fino al fischio finale. Dal punto di vista dell’atteggiamento posso solo ringraziarli, perché abbassarsi o pressare meno non vuol dire aver smesso di lottare”.